SANTIAGO 2011   

   

Informazioni & Consigli

 

Bici e dotazioni Portabagagli e Borse 
Il Vestiario Altri oggetti
Mangiare e dormire  Problemi Meteo
Strade & Percorsi

Le Tappe

Il Periodo

I Costi

Controlli prima di partire

Il Ritorno

 

 

Ogni viaggio è un caso a sé perché  troppe sono le varianti che ne determinano lo svolgimento; tanto più questo vale per un cicloviaggio fino a Santiago, in cui già un percorso rispetto ad un altro (ad esempio il Camino Francés a fronte della Via de la Plata) presenta differenze notevoli, a cui poi si aggiungono il periodo, il mezzo di trasporto usato, le variabili meteorologiche, la propria resistenza (psico-)fisica,  etc.  Quindi non ha molto senso parlare di consigli, tanto più se tratti da una sola (e particolare) esperienza; opinione questa suffragata da chi, pur avendo più volte completato il Cammino (col medesimo o con itinerari differenti), ha riscontrato situazioni e gradi di difficoltà diversi ogni volta. 
Perciò, senza alcuna presunzione di infallibilità e ricordando che alcune voci come quelle relative alla viabilità e ai costi si riferiscono al 2011, mi limito a esporre qui sotto le mie parziali e soggettive informazioni e opinioni, nell'eventualità che possano risultare utili a qualcuno.

 

   

Quale bici e quali dotazioni

Premetto che sicuramente il modo migliore per affrontare il Cammino è il più lento di tutti, quello che, livellando tutti i pellegrini entro una forbice limitata di prestazioni, non offre alternative di velocità legate a prestanza fisica e forza di volontà sovrumane: andare a piedi. Se la tappa prevista al mattino è di 25 km si potranno percorrere in scioltezza o con fatica, si potrà arrivare mezzora prima o un’ora dopo qualche altro, ma non si avrà mai la possibilità di fare 60 km, neanche impegnandosi allo stremo; e ci si ritroverà più o meno tutti insieme alla fine della giornata.

Anche la MTB si presta bene al Cammino, potendo avventurarsi sia su terreno sterrato o sassoso sia, quando il sentiero è troppo impervio o fangoso o scivoloso, su strada asfaltata con evidente guadagno in scorrevolezza e tempo (risulta poi preziosa soprattutto quando si trova completo l’Albergue su cui si contava). Inoltre i MTBikers sono abbastanza frequenti, per cui non è difficile aggregarsi loro per stare in compagnia e affrontare insieme le medesime tappe e gli immancabili imprevisti (tecnici, meteo o logistici).

Meno adatta di tutti è la bdc, cioè la bici da corsa, che è, sì, più veloce, ma, dovendo necessariamente procedere su asfalto ci taglia fuori non solo dalle parti più suggestive del Cammino, ma pure –ed è la carenza maggiore anche per chi come me ha deciso di partire da solo- dal contatto con gli altri (tanto più nei momenti maggiormente significativi o difficili o noiosi). Il Cammino, infatti, (quali che siano le motivazioni) è anche comunanza, condivisione, solidarietà, senso di appartenenza comune, al di là delle diversità linguistiche, etniche, sociali, religiose, politiche e, mentre per un caminante non è indispensabile partire in compagnia, in quanto la compagnia avrà modo di crearsela sui dirupi sassosi, nel fango o nella polvere, nelle lunghe camminate contro un vento ostile e cocciuto, nelle salite interminabili, sull’arida e monotona meseta o nelle vallate boscose e umide di Galizia, nei piedi doloranti e nella gioia dell’Albergue conquistato a fine tappa, ebbene, il pellegrino su bdc che parte da solo avrà poche o nulle possibilità di trovare compagni di strada che non siano occasionali e fugaci; anche la sera all’albergue, momento di ritrovo collettivo, le persone che incontrerà saranno giocoforza ogni volta diverse.

Fatte queste premesse a proposito di MTB e bdc, il compromesso migliore, a mio avviso, sarebbe una ibrida con le seguenti caratteristiche:

- ruote da 28” come per la corsa, ma sezione più larga (almeno 25 mm), copertoni semi-slick (meglio se rinforzati per evitare rotture nei tratti non asfaltati) e camere d’aria non troppo sottili né ultraleggere: tutto ciò ridurrà forse le ambizioni più “corsaiole” (che peraltro non hanno molto ragion d’essere in un’esperienza come questa), ma renderà il viaggio un po’ più sicuro;
- carro posteriore con i forcellini forati per poter fissare il portapacchi (altrimenti ci si deve arrangiare con soluzioni come fascette e tiranti, che sono meno stabili e tendono a scivolare verso il basso);
- tripla moltiplica, quasi indispensabile nei tratti più duri e a pieno carico e non meno di 7-8 rapporti alla ruota posteriore, in modo da poter disporre di una gran varietà di combinazioni (indicativamente dal 50/13 al 30/26, ad esempio: io avevo un 52/13 che ho sfruttato poco e un 39/28 che spesso mi stava stretto);
- manubrio da corsa o a barra diritta, ma regolabile e con prolunghe, per poter variare la postura nelle lunghe pedalate e assumere una posizione più distesa e aerodinamica (utilissima soprattutto nelle lunghe pedalate controvento);
- pedali a sgancio rapido, ma del tipo per MTB, che consentono l’uso di scarpe con aggancio non sporgente dalla suola e con tasselli artigliati; queste permettono infatti di camminare normalmente, una volta scesi a terra, anziché “a papera” come si è costretti a fare con le scarpe per bdc e, oltretutto, consentono di rinunciare al peso di un altro paio di scarpe da passeggio;
- un sellino non ultraleggero (troppo duro) né troppo morbido (fa “affondare” e surriscalda), ma magari in gel, meglio se diviso al centro (per far passare l’aria e raffreddare l’area di contatto, utile  anche a chi non ha problemi di prostata);
- un portapacchi leggero (ovviamente in funzione del peso dei bagagli) e resistente, da fissare con viti ai forcellini e al blocco del freno posteriore in modo rigido per evitare sgradevoli dondolamenti;
- una luce anteriore bianca, meglio se alogena (ma senza grosse pile, dato che verrà usata solo in galleria e in casi d’emergenza) ed una posteriore rossa a led fissi e lampeggianti; entrambe più che per vedere servono a farsi vedere: io porto con me, per ogni evenienza, anche una mini-torcetta a manovella che fisso sul casco, oltre a due catarifrangenti applicati ai raggi e altri due sotto i pedali e, addosso, un gilet riflettente (del tipo obbligatorio per gli automobilisti);
- due porta-borraccia e almeno una borraccia (meglio se da 750 cc); nel porta-borraccia vuoto ho inserito capovolta, e dopo aver opportunamente tagliata la base piatta, una bottiglia in plastica grigia (era una Coca-cola light) che funziona egregiamente da portaoggetti;
- uno specchietto retrovisore applicato sulla curva sinistra del manubrio per la sicurezza e la comodità di poter vedere chi sopraggiunge alle spalle senza doversi voltare.

Tra le altre dotazioni vanno annoverati i guanti, ben imbottiti, e naturalmente il casco, sul quale vale la pena investire più che su qualunque altro capo d’abbigliamento (a me ha, letteralmente, salvato la vita); verificare che sia anche ben arieggiato, regolabile e con gli spessori ammortizzanti non troppo sottili; il mio aveva anche, sul davanti, quella specie di prolunga di plastica tipica dei caschi da MTB, che si è rivelata utile contro il sole; in più avevo fatto in modo che gli occhiali da sole, fissati al casco anziché stare appoggiati su naso e orecchi, rimanessero più avanzati, così da garantire una migliore ventilazione del volto e una visione non scurita di tutto ciò che si trovava in basso (contakilometri, borsa, pedali…).

Tornando alle specifiche tecniche della bici vera e propria, non credo che per ora in Italia si trovino modelli con tutte queste caratteristiche, mentre mi è parso di notarne alcuni tra cicloturisti nordeuropei o statunitensi (Giant o Trek, forse?). Chissà se è possibile assemblarne una facendo un ibrido tra bici da trekking, cross, triathlon e city-bike? Ma non ho sufficiente competenza per avventurarmi in questo campo.

torna all'inizio della pagina

 

   

Portabagagli, sacche e borse varie

Come in altri viaggi all’estero o comunque di più giorni, io ho montato un portabagagli sul carro posteriore, che però – come in gran parte delle bdc – non era provvisto degli appositi occhielli in fondo ai forcellini, per cui ho ovviato con delle fascette metalliche (foderate all’interno con pezzi di camera d’aria) strette da bulloncini e fissate sempre con bulloncini al portapacchi, che nella parte anteriore aveva un foro centrale adattabile al perno del freno. Ci sono portapacchi di vario tipo, costosi o economici, in ferro o in alluminio (più leggeri, ma più fragili) e perfino in titanio (i migliori, ma anche i più costosi), appoggiati su aste o appesi a sbalzo al sellino, con una, due o più aste di sostegno per parte. La scelta va fatta in funzione della robustezza richiesta sia dal peso dei bagagli che dal tipo di percorso: in un forte sobbalzo su terreno accidentato, 5 kg di peso diventano 50 e ho visto cedere clamorosamente un portabagagli a sbalzo per questo motivo. Mentre non servono dispositivi di ritenzione a molla (buoni tutt’al più a reggere un giornale), è molto utile che il portabagagli abbia un catarifrangente e magari la possibilità di fissare una luce posteriore al suo estremo, visto che lo spazio sotto il sellino o lungo i forcellini è in genere coperto dai bagagli.

Anche per le borse la preferenza va data a quelle che garantiscono buona chiusura e (importante!) impermeabilità all’acqua, facile estraibilità, giusta capienza (inutile prendere delle borse enormi e pesanti -e costose- non dovendo portare abiti invernali, tenda, fornelli e altro materiale da campeggio). Dovrebbero perciò bastare due sacche posteriori di misura media, a cui aggiungere un borsotto al manubrio (per contenere gli oggetti da poter recuperare rapidamente anche mentre si pedala: telefonino, foto/videocamera, i viveri del giorno, fazzolettini di carta, penna e taccuino per appunti, cartina supplementare…) e con sopra la busta trasparente porta-cartina. In più ci sono il borsino (con il kit antiforature) attaccato al sellino e uno spallaccio tra i tubi obliquo e orizzontale, per contenere altre camere d’aria di scorta e gli attrezzi da bici (da non dimenticare chiavi e brugole per smontare la bici al momento dell’imballaggio per il ritorno in aereo/bus/treno). Oltre a ciò, sopra le borse posteriori, io tenevo uno zainetto ultraleggero che durante il viaggio serviva a contenere materiali prontamente estraibili (mantella, K-way, maglietta, buste…) e che, al momento del ritorno, avrei riempito con buona parte del contenuto delle borse, portandolo con me in aereo come bagaglio a mano.

Infine, in vita un marsupio con portafoglio, documenti vari (compresa tessera sanitaria, gruppo sanguigno, indirizzi e numeri telefonici etc.) e un piccolo kit di pronto soccorso: disinfettante, garze, bende, cerotti vari… senza dimenticare una buona crema solare.

torna all'inizio della pagina

 

   

Vestiario

Postulato generale unanimemente condiviso (e valido per qualunque categoria di bagagli) è che meno si porta, meglio è: minor peso (!!!), minor rischio di perdere oggetti, minor tempo per rifare i bagagli o risistemarli sulla bici. 
Secondo Postulato: di tutto ciò che portiamo, un buon 10-20% resterà inutilizzato. 
Terzo Postulato: non stiamo partendo verso territori desertici e selvaggi; gli albergues sono in genere attrezzati per consentire lavaggio e stesa dei panni e per strada c’è la possibilità di comprare tutto ciò di cui al momento ci sarà bisogno: centri commerciali, Carrefour, Decathlon e simili non mancano in Spagna.

Personalmente, di tutto il vestiario che ho portato, in pratica ho utilizzato solo: 
due paia di calzini intercambiabili (uno per pedalare e uno per il dopo doccia), 
due paia di pantaloncini da bici (usati alternativamente e lavati ogni sera), 
un solo slip (indossato non durante il viaggio, ma solo dopo la doccia), 
una canottiera (usata solo durante il viaggio e lavata la sera), 
un giubbino (giallo, da ciclista) leggero (da mettere/levare secondo la temperatura, durante il viaggio), 
una T-Shirt in microfibra (come abito “civile” per la sera o, in caso di freddo, anche durante il viaggio), 
un pantalone lungo –jeans- (come abito “civile” per la sera, ma è risultato un po' troppo pesante e ingombrante; meglio sostituirlo con uno in tessuto ultraleggero); 
il solo paio di scarpe ai piedi (con attacco tipo MTB per pedalare camminare), 
infine, in funzione antipioggia, una mantella e due gambali e, in funzione antisole, mezza federa da infilare come cappuccio per proteggere spalle e collo.

torna all'inizio della pagina

 

  

Altri oggetti

Una minisaponetta di Marsiglia (per lavare se stessi e i panni), un cordino multiuso (utile anche come stendi-panni d’emergenza) e due o tre mini-nasini.

Una busta con cerniera, meglio se impermeabile, a mo' di “Beauty-Case” (per riporvi gli oggetti dell’igiene personale e le medicine), un asciugamano in microfibra (di media grandezza) e una bustina con dentro documenti personali, chiavetta USB (con alcuni dei programmi e vari files-dati da usare quando si trova un PC disponibile, ma anche utile per scaricarvi foto/filmati) e 50 € di riserva.

Coltellino svizzero, ago & filo per cucire, forbicine [attenzione per chi torna in aereo: ricordarsi di mettere questi oggetti nel bagaglio che va nella stiva o sulla bici, altrimenti verranno sequestrati al check-in], minuterie varie: spille da balia, graffette, due guanti da chirurgo, nastro adesivo, cordini, elastici, una vecchia camera d’aria a strisce (utile per fermare i bagagli posteriori o qualunque altra necessità), una piccola calamita (mi è servita, tra l’altro, per ripescare un oggetto metallico da un tombino), un mozzicone di candela (utile anche per sbloccare e impermeabilizzare le cerniere del borsotto) con un mini-accendino.

Varie buste di nylon per riporre roba sporca, bagnata etc.

Per la bici: due camere d’aria di scorta, con mastice e toppe e un pezzetto di copertone (vecchio e liso, ma utile per riparazioni d'emergenza), due raggi, attrezzo multiuso (con tira-raggi, smaglia- catena, chiavi & brugole varie), una piccola chiave inglese.

Due grosse buste di plastica, non sottili e possibilmente “eleganti”, tipo boutique, da infilare/sfilare comodamente nelle borse posteriori, per contenere i bagagli (e ripararli in caso di pioggia) e poterli decorosamente portare nell’alloggio all’arrivo, lasciando le borse attaccate alla bici.

torna all'inizio della pagina

 

   

Avversità Meteo

Anche partendo agli inizi di maggio, che considero il periodo migliore, è inevitabile andare incontro a qualche problema:

-il sole: sudando molto, preferisco viaggiare a torso nudo estate e (generalmente) inverno, per fare evaporare così il sudore ed evitare che ristagni tra la pelle e l’indumento facendomi sentire bagnato. In Italia e in Francia è stato possibile, grazie anche ad un tempo abbastanza variabile, ma in Camargue l’esposizione continua ad un sole vivo mi ha procurato delle scottature soprattutto alla parte sinistra del corpo. In Spagna, poi, a 800 m. di altitudine media, i raggi solari erano troppo diretti e intensi per essere tollerati e anche canottiera o giubbino non erano sufficienti a preservare da ulteriori ustioni. Con un leggero telo di cotone (mezza federa di un cuscino infilata a mo’ di lungo cappuccio sotto il casco e sulle spalle) sono riuscito a proteggere il collo e parte della schiena, ma, viaggiando prevalentemente verso Ovest, non a preservare l’avambraccio, il polpaccio e il naso relativamente al lato sinistro. È bene, quindi, premunirsi di creme protettive e maniche lunghe o, in emergenza, avvolgere sul braccio più esposto un fazzolettone (o l’altra mezza federa) e fissandola sotto la manica del giubbino con una spilla da balia; l’effetto è molto “straccionesco” (del resto siamo mica pellegrini per finta!), ma funziona.

-il caldo: la temperatura in Maggio è piuttosto variabile (tanto più sulla Meseta): se nelle giornate di bel tempo fino alle 8-9 di mattina, l’aria è fresca e frizzante, da metà mattinata in poi la temperatura tende a salire e fino a pomeriggio inoltrato il caldo può risultare opprimente, specie se accompagnato da un alto tasso di umidità. In questo caso il telo alla Lawrence d’Arabia e gli altri accorgimenti possono non essere sufficienti; personalmente ho dovuto bere molto cosa che generalmente (e sbagliando!) non faccio: una borraccia da mezzo litro mi basta e avanza di solito per un’uscita di mezza giornata. Ultimamente però ho imparato a mie spese, dopo un paio di esperienze di sete tormentosa, a portarmi dietro nelle giornate calde anche una bottiglietta di plastica da mezzo litro da riempire d’acqua e utile anche per bagnarsi quando si è surriscaldati; mentre nella borraccia vera e propria tengo una soluzione di acqua con una bustina di sali (sostituibile in caso di necessità da un pizzico di sale da cucina, una bustina di zucchero da bar e, magari, un po’ di succo di limone o qualche grano di citrato). Attenzione comunque che nel tratto da percorrere vi siano centri urbani; le fontane, infatti, sono rare e non sempre potabili, le stazioni di benzina sono per lo più automatizzate e prive di personale e soprattutto, a differenza dell’Italia, è difficile trovare tra un centro urbano e l’altro dei bar o dei locali simili; per cui, se non si è provveduto per tempo, si rischia di rimanere a secco per un bel po’.

-il freddo: può capitare, e non solo sui valichi più alti, che faccia veramente freddo, specialmente di primo mattino, all’imbrunire o durante/dopo un temporale (tanto più se accompagnato da vento); la soluzione è avere sempre a portata di mano un k-way antivento e/o una maglietta a maniche lunghe e, naturalmente, non esitare a coprirsi ai primi accenni di freddo.

-la pioggia: è difficile evitarla, soprattutto se si viaggia per oltre una settimana in primavera, tanto più a ridosso dei Pirenei o in Galizia. La mantella e il poncho aiutano a proteggere il corpo, ma non sono sufficienti. Io ho provveduto con due cuffiette trasparenti da doccia (di quelle che dànno in omaggio negli hotel), che infilo sul marsupio e sul borsotto anteriore. Le borse posteriori sono di per sé impermeabili, ma sopra di loro avevo uno zainetto, così ho coperto il tutto con un telo di plastica di circa 40 x 40 cm ricavato da una tovaglia di plastica a fiori gialli (il che, nella terra di Van Gogh, faceva anche un bell’ effetto). Due rettangoli lunghi e stretti di plastica fissati al tubo obliquo e a quello verticale riparavano dagli schizzi delle due ruote. Infine ho indossato due gambali copri scarpa che avevo acquistato anni fa. Il risultato è stato che, arrivato a S. Domingo dopo il nubifragio di Logroño e Navarrete, ero asciutto come anche il mio bagaglio, a differenza di tanti altri.

-il vento: non c’è rimedio. Gli unici accorgimenti possibili sono: indossare indumenti chiusi e attillati, tenere una posizione aerodinamica stesa sul manubrio per quanto è possibile, sfruttare la scia di eventuali altri ciclisti, rassegnarsi a una velocità ridotta (la Resistenza aumenta in progressione geometrica con l’aumentare della Velocità) e soprattutto tanta –ma tanta- pazienza: anche il vento, come le umane cose, finisce prima o poi.

torna all'inizio della pagina

 

  

Mangiare e dormire

Per dormire in Spagna  c'è una grande varietà di possibilità, anche in funzione delle possibilità economiche e delle personali esigenza di comodità o di privacy: si va dal livello degli hotel internazionali pluristelle  e dell'affermata catena dei "Paradores" a quello più economico degli hostales (Hs) e delle Pensiones, (generalmente dai 10 ai 20€, con possibilità di cena e/o colazione) a quello, infine, decisamente economico e comunque più vicino allo spirito del Camino, degli Albergues.  Personalmente non ho mai preso in considerazione l'ipotesi di utilizzare i Camping, perché sono molto meno numerosi degli Albergues, risultano assai meno caratteristici e soprattutto perché comportano il trasporto di troppi kg supplementari, fra tenda, fornelli etc.  

Gli Albergues, generalmente suddivisi in rifugi privati e municipali (R.P. e R.M.) o anche religiosi appoggiati a monasteri e parrocchie, sono equiparabili a degli Ostelli della Gioventù, però di dimensioni generalmente più ridotte (salvo quelli più recenti delle grandi città) e riservati esclusivamente ai pellegrini (fa fede il possesso della Credencial ) che viaggino a piedi o, in via subordinata, in bici o a cavallo.  Sono gestiti dagli hospitaleros, volontari per lo più laici, non necessariamente spagnoli, organizzati in associazioni come quella degli “Amici del Cammino”; spesso sono essi stessi pellegrini che alternano questa attività al Cammino stesso, alla quale comunque dedicano gratuitamente il loro tempo libero. In un certo senso loro "sono" l'albergue e da loro dipende in larga misura la qualità dell'ospitalità e la capacità di vivere in uno spirito di comunità il momento del riposo dopo la fatica del cammino. 

Queste strutture sono molto frequenti (soprattutto nel Camino Francés, ma il possesso della Credencial permette di utilizzare anche quelli -molto meno numerosi- che si trovano anche prima di raggiungere la Spagna), in media uno ogni villaggio o città, ma nei periodi più “caldi” non è difficile trovarli al completo; in omaggio allo spirito del pellegrinaggio sono spartani, con scarse concessioni a comodità e privacy (bisogna lasciarli inderogabilmente entro le 8 del mattino, non offrono camere singole, né separazione tra uomini e donne neppure nei bagni e in caso di sovraffollamento può capitare di dormire per terra), ma non impongono obblighi di tipo religioso (anche se puntualmente gli hospitaleros ti informano sugli orari delle funzioni religiose). In linea di massima risultano puliti e ben attrezzati nei servizi essenziali: offrono possibilità di dormire (dormitori con letti a castello, coprimaterasso, coperte), di lavarsi (doccia calda, lavabo, gabinetto in servizi comuni), di cucinare (a gas e/o microonde) e pranzare con le relative stoviglie (talvolta anche sale, di zucchero, sapone per rigovernare…), di lavare/stendere i panni; di ospitare al chiuso la bicicletta; di ricaricare cellulare e fotocamere etc.; non dispongono invece di mezza pensione o colazione (salvo casi particolari), negozio alimentari, pagamento con carta di credito: il costo si aggira dai 5 € (prezzo imposto in Galizia) a una decina oppure è a offerta libera. In qualcuno è disponibile un PC o il collegamento a Internet. Talvolta può essere richiesto un piccolo sovrapprezzo (1€) per l’uso degli elettrodomestici o di una coperta.

Nei periodi di alta stagione (soprattutto Luglio-Agosto, ma anche Giugno e Settembre) è più facile che qualche  Albergue  risulti al completo; perciò, anche se non è possibile prenotare un posto letto in un R.M., alcuni consigliano di telefonare per informarsi in anticipo e poter prevedere delle alternative: la lista fornita al momento della consegna della Credencial è in genere abbastanza completa, aggiornata e spesso fornita di numero telefonico. Inoltre in ogni città -e spesso anche nei centri minori- ci si può rivolgere alla  Oficina de Turismo locale (O.T.). L'ammissione nei R.M. è pomeridiana, di solito dalle 15 in poi, dando comunque la precedenza ai pellegrini a piedi nei giorni di maggiore affollamento; Non è possibile rimanervi più giorni, salvo casi di malattia.

Comunque è sempre bene portarsi dietro un proprio sacco-letto o sacco a pelo leggero (non imbottito, non necessariamente “termico” o di seta) con copricuscino.  Per i pasti nell'albergue, inoltre, risulta utile avere con sé un po’ di sale, bustine di zucchero da bar, del caffè liofilizzato, una forchettina e un cucchiaino di plastica, un coltellino multiuso, fazzolettini di carta e un foglio di plastica (per un’apparecchiatura di fortuna). All’ arrivo di tappa, poi, è opportuno acquistare l’indispensabile per la cena della sera (se non si decide di mangiare fuori) e la colazione dell’indomani mattina. Lungo il Camino Francès, data la frequenza dei centri urbani, si può comprare facilmente da mangiare in bar, panaderias etc. Unica avvertenza: specialmente nei centri minori è difficile (ma non impossibile) trovare un caffè aperto prima delle 8 (e talvolta anche oltre), cioè prima dell’ora in cui bisogna aver lasciato l’Albergue. Io risolvevo il problema della colazione, esistenziale per me appena sveglio, portandomi dietro confezioni monouso di marmellata e bustine di Nescafè e comprando ogni sera un filone di pane e un litro di latte; attenzione, in Spagna praticamente non è possibile comprare mezzo sfilatino (per cui ne mangiavo metà la sera e metà a colazione), né trovare latte in confezione da ½ litro e neanche latte fresco ma solo UHT.

I ristoranti (salvo quelli pluristelle), o comunque i locali dove mangiare, sono diffusi e meno cari che in Italia e i piatti sono gustosi, anche se possono sembrare meno vari e fantasiosi dei nostri, con qualche difficoltà per i vegetariani: uova e formaggi (poco vari) non sono una gran soluzione se si deve tenere a bada il colesterolo.

torna all'inizio della pagina

 

   

Strade e Percorsi

Con la bdc non c’è molto da scegliere; se si escludono sia i sentieri (dove spesso hanno difficoltà anche le MTB) e gli sterrati (ma qualche kilometro l’ho percorso anch’io, volente o nolente), non resta che l’asfalto (in qualche raro caso anch’esso malridotto). La differenza, semmai, la fa la categoria di strada asfaltata; autopistas (autostrade a pagamento) e autovias (superstrade) sono ovviamente proibite o sconsigliate. Restano le carreteras nacionales, che con un notevole sforzo economico dello Stato sono in corso di ampliamento per diventare a 4 corsie (pure se in alcuni tratti mi è capitato di trovarle ancora strette come una nostra stradina comunale); inoltre, come anche in Francia, molte sono provviste di uno spazio asfaltato separato dal resto della carreggiata per mezzo di una linea bianca e utilizzabile come ciclabile. Anche se non risparmiano le salite, queste strade sono le più brevi e scorrevoli, ed anche abbastanza sicure (nonostante lo spostamento d’aria provocato dai grossi camion o dalle raffiche di vento); quanto al traffico, anche quando è intenso (e comunque incomparabilmente minore che nelle nostre arterie) non mi è parso particolarmente fastidioso o pericoloso per un ciclista, stando almeno alla mia limitata esperienza. Gli stessi automobilisti –che gli Spagnoli medesimi accusano di non saper guidare e di essere irrispettosi o aggressivi nei confronti dei ciclisti (si vede che non hanno mai provato a pedalare sulle nostre strade, urbane e non), si sono sempre dimostrati più che corretti o addirittura gentili, fermandosi talvolta addirittura spontaneamente, quando mi vedevano in difficoltà davanti a una rotonda con indicazioni insufficienti. Merito della mia concha e del mio aspetto di pellegrino fra i pellegrini, o magari delle striscette tricolori pendenti dal manubrio?

Tutt’ altra cosa le stradine regionali o provinciali, più strette, spesso più lunghe e tortuose, ma in genere più varie, ombreggiate e interessanti, quando attraversano paesini ricchi di tradizione.

Anche l’attraversamento di città più grandi è favorito dal fatto che il Camino (il quale spesso coincide con la Calle Mayor, la strada principale) le percorre centralmente tagliandole in due ed è facilissimo trovare il centro-città (Ayuntamiento o municipio, Oficina de Turismo o O.T. e cattedrale sono sempre vicini tra loro). Anche gli albergues sono agevoli da individuare, data la loro ubicazione vicino al centro storico e grazie alle indicazioni dei cartelli e della solita flecha amarilla.

Peso e spazio permettendo, sarebbe bene disporre di una carta stradale della Spagna non troppo ridotta e soprattutto aggiornata: la situazione stradale evolve continuamente (con frequenti tratti di nuova costruzione o ampliati o trasformati in autovias) rendendo obsolete le cartine. Gran parte dei miei problemi di rotta sono dipesi dal possedere una cartina 1:800.000, oltretutto vecchissima.

torna all'inizio della pagina

 

  

Le tappe

Prima della partenza avevo costruito, grazie a Google Maps e a Excel, una tabella dettagliata: una volta calcolate le distanze parziali e totali di ogni tratto e individuato il relativo profilo altimetrico, ho preventivato le possibili medie e quindi ricavato i tempi di percorrenza.

Fino ai Pirenei le previsioni si sono rivelate esatte, pur con gli inevitabili imprevisti di qualche ingorgo o intoppo meccanico o incidente o strada sbagliata, nonché del vento contrario o favorevole; quindi le tappe che mi ero prefisso sono state rispettate in misura soddisfacente. Nel tratto Italia-Francia (circa 1260 km) avevo previsto di percorrere una media di 150 km al giorno (salvo la “tappona” Livorno-Genova di circa 200 km il primo giorno), per un totale di 8-9 giorni di viaggio. E in effetti sono arrivato a Saint Jean pied de Port dopo poco più di 1300 km e 8 giorni e mezzo.

Dopo Roncisvalle, invece, i dati hanno iniziato a dimostrarsi meno attendibili, per quanto riguarda non tanto le distanze (sostanzialmente esatte, a prescindere dalle deviazioni e dagli errori di percorso o da qualche andirivieni in alcune città), quanto le medie e quindi i tempi di percorrenza. La causa va ricercata principalmente nel fatto che le cartine riportano l’altitudine solo di determinati punti del percorso, una città, un valico, una vetta, ma non tengono conto del profilo intermedio, che negli altopiani spagnoli (assai più che in quelli italiani o francesi) è particolarmente ondulato. Provo a chiarire con un esempio: se il punto A e il punto B distanti l’uno dall’altro 49 km riportano un’altitudine di 300 e 350 m. rispettivamente, la pendenza che ne risulta [(350-300)m./49.000 m.*100] è irrilevante, solo lo 0,1%, praticamente un tratto pianeggiante da fare tranquillamente in due ore e mezzo a 20 km/h; ma la realtà è ben diversa, perché se tra A e B si incontrano 10 valloni da risalire e discendere, ogni volta con un dislivello di 70 m. (che sembrano poca cosa, ma sommati dànno un totale di 700 m.), in pratica è come se partendo da 300 m. si fosse scalata una montagna di 1000 m. con il relativo affaticamento fisico (per non parlare di quello psicologico). Ciò rende quindi difficile prevedere con sufficiente esattezza i tempi di viaggio, influenzabili del resto anche da parte di altri fattori, in primo luogo quelli meteo (venti occidentali e piogge). Infine, se in Italia e in Francia poteva avere un senso spingere per arrivare prima possibile all’inizio del Camino Francés considerando queste tappe come di trasferimento, dopo S. Jean Pied de Port cercare di raggiungere Santiago in tempi record sarebbe stata una negazione dello spirito stesso del Camino. Diciamo che in questa seconda parte una media di un’ottantina di km (il triplo di un caminante a piedi) dovrebbe essere già un impegno ragguardevole, godendosi paesi e paesaggi e senza scadere nella corsa forsennata. È inoltre opportuno percorrere qualche km in meno e anticipare un po’ il punto della sosta quotidiana, sia per evitare ai muscoli un inutile accumulo di acido lattico, sia per concedersi un margine di tempo di riserva nel caso che l’ Albergue previsto non sia libero.

torna all'inizio della pagina

 

   

Il periodo

In base alle informazioni raccolte, il periodo migliore per partire è proprio l'inizio di Maggio: anche se risulta essere piuttosto piovoso, presenta il vantaggio di una temperatura sopportabilmente calda nelle ore centrali della giornata, fresca al mattino e alla sera e senza le notti afose della piena estate; inoltre le giornate sono già "lunghe", con una buona quindicina di ore di luce; infine la quasi totalità degli Albergues inattivi durante l'inverno ha già ripreso l'attività. In alternativa a Maggio, un altro mese con caratteristiche simili è Settembre; in subordine Giugno o Ottobre. Di conseguenza da evitare risultano, oltre ai mesi invernali (per la chiusura della maggioranza degli Albergues e le condizioni meteo sfavorevoli), quelli di Luglio e Agosto; oltre al problema del clima, c'è il fatto che in quel periodo si concentra gran parte delle partenze per il Camino e quindi maggiore è il rischio di non trovare posto per dormire.

torna all'inizio della pagina

 

   

I Costi

Anche questa voce  è puramente indicativa, perché oltre a riferirsi  all'anno 2011 dipende da numerose variabili (soprattutto dalle proprie abitudini di vita e dalle comodità a cui si è disposti a rinunciare). Personalmente, volendo provare le soluzioni più vicine all'esperienza dei "caminantes ", ho preferito dormire nei R. M., cioè i "Rifugi Municipali" o "Albergues del peregrino", il cui costo (a parte  i casi di offerte libere) si aggira tra i 5 (prezzo fisso in Galizia) e i 10 €. La spesa cresce progressivamente, ma senza mai eccedere, se si scelgono "Rifugi Privati", "Hostales", hotel tipo "Ibis" o Paradores e così via. In Italia io utilizzo in genere i B & B, con un costo molto variabile, ma che si aggira tra i 30 e i 50 €. In Francia i B & B, oltre a essere più rari, si collocano in una categoria di alloggi più alta e quindi molto più costosa (anche oltre i 100 € a notte), mentre risultano più convenienti gli hotel (soprattutto nei paesi e ovviamente non a 4-5 stelle); un esempio per tutti quelli della catena Etape, particolarmente indicati per i ciclisti (come si evince dal nome) anche grazie alle generose colazioni (una quarantina di euro per dormire e 5 per la prima colazione); ma, se si seguono le tappe dei vari Chemin (la via di Arles o la Tolosana, ad esempio) con un po' di fortuna è possibile trovare, per pochi euro, una gîte per pellegrini, l' equivalente dell'albergue spagnolo (in tal caso bisogna premunirsi portandosi dietro la Credencial già dall'Italia); infine c'è sempre la possibilità di trovare alloggio in un Auberge de la jeunesse (con l'iscrizione, indispensabile ma di durata annuale, ho pagato 25 € per una notte, compresa una spartana prima colazione). Il totale delle spese per dormire si è aggirato su 330 € .
Quanto al mangiare, di norma un pasto al giorno (più spesso in Francia che in Spagna) è stato consumato ad un ristorante (a un costo medio giornaliero di 10-15 €), mentre l'altro è stato preparato nell'albergue  con quello che mi ero comprato presso bar, negozi o simili (5-10 € al giorno), per un totale di 270 €.
Per i trasporti, essendo mancato il viaggio di andata, percorso interamente in bicicletta, i costi si sono limitati alla fase del ritorno: i biglietti sia del pullman da Santiago a Santander (48 €), sia della navetta da Santander all'aeroporto (2 €), sia dell'aereo da Santander  a Pisa (100 € circa), comprensivi del supplemento per il trasporto della bici, hanno comportato una spesa totale di 150 €.

I costi globali, dunque, sono ammontati a 750 € circa per i primi 16 giorni (a cui ho aggiunto altri 130 € per tre giorni  supplementari tra Santiago e Santander).

torna all'inizio della pagina

 

   

Ultimi controlli prima della partenza

 Per prevenire almeno quella parte di spiacevoli inconvenienti (che possono verificarsi in un viaggio di molti giorni) dovuta a incuria e faciloneria, è bene porre attenzione all'aspetto salute per quanto riguarda sia l'umano che il mezzo meccanico.

Non sono necessarie particolari condizioni atletiche; basta anche soltanto un minimo di allenamento nel mese precedente alla partenza e un paio di uscite di almeno una cinquantina di kilometri con la bici a pieno carico per saggiare la propria resistenza; poi, durante il viaggio, ognuno calibrerà con il buon senso le prestazioni alle proprie capacità: è necessario quindi conoscere se stessi e i propri limiti fisici (ma anche psicologici) senza mai cercar di strafare né attendere che il problema (stanchezza, dolori, fame, sete...) si manifesti in tutta la sua negatività. Io non sempre ne sono capace e spesso ne pago le conseguenze. Ovviamente occorre essere in buona salute sia generale (onesta anamnesi delle proprie patologie ricorrenti, check up o analisi mirate e consultazione del proprio medico curante aiutano) sia al momento della partenza: inutile incaponirsi a partire se si è colpiti da febbriciattole, mal di denti, malesseri muscolari o simili. E' comunque indispensabile portarsi dietro, oltre alla tessera sanitaria e agli eventuali medicinali, anche l'occorrente per fronteggiare i fastidi più banali (mal di gola o denti, raffreddamento o colpi di calore, dolori muscolari, disturbi intestinali, congiuntiviti, scottature, punture di insetti, tagli, abrasioni...).

Inutile dire che anche il mezzo deve essere in perfetta efficienza; va controllato attentamente, tanto più se ha qualche anno. E' bene lavarlo, poiché sul pulito i difetti risultano più visibili e poi procedere ad un'analisi sistematica delle varie componenti: telaio e cerchi sani (senza fessure, ammaccature o deformazioni e con i raggi correttamente tirati); gomme nuove o comunque in ottime condizioni (battistrada non consumato, senza tagli, rigonfiamenti o punti di usura anomala); idem per le camere d'aria (gonfiate alla giusta pressione, considerato il maggior peso), freni efficienti (controllo ed eventuale oliaggio dei cavetti e delle leve, controllo del gioco sugli assi dei freni, controllo dell'usura dei pattini, minima e comunque simmetrica); funzionamento senza incertezze del sistema del cambio (controllo/oliaggio cavetti e rotelle, controllo usura di pignoni, moltipliche e catena: non esitare a cambiarla se, tirandola sul davanti della moltiplica la "luce" è superiore ai 2 mm.), fluidità di movimento del manubrio (eventualmente ingrassare la zona delle sfere),   efficienza delle parti riflettenti e dell'impianto d'illuminazione (pile nuove se non alimentato da dinamo), fissaggio rigido del portapacchi al telaio, etc.  Un ultimo particolare, spesso trascurato, per chi usa le scarpette da bdc o MTB: controllare che le tre viti che fissano l'attacco alla suola siano ben serrate: solo dopo il mio ritorno a casa ho scoperto che la causa del forte dolore al ginocchio sinistro che mi aveva afflitto durante l'ultima parte del Cammino era dovuta al fatto che l'allentamento di quelle viti aveva causato una anomala rotazione del piede costringendo il ginocchio a una torsione, alla lunga, dolorosa.

torna all'inizio della pagina

 

   

Per il ritorno

Almeno due grossi (e robusti) sacchi condominiali da spazzatura & nastro adesivo largo (reperibili quando serve, anche presso le stazioni dei Bus ALSA) e uno scatolone di cartone da bicicletta (reperibile presso negozio/ciclofficina sul posto) sono indispensabili per imballare la bici e stivarla nel bus e poi (con maggior accuratezza e rispetto delle norme di ciascuna compagnia) nell’ aereo. Ricordare che lo scatolone, per superare il controllo del check-in, deve essere trascinabile e perfettamente chiuso (senza parti che fuoriescano), con i pedali tolti, il manubrio girato parallelamente al telaio, sellino abbassato, le borse smontate, la ruota anteriore affiancata alle pedivelle e le gomme sgonfiate.

Io, in realtà, non potendo del tutto smontare il portapacchi e le borse posteriori, le ho in gran parte svuotate (infilando il contenuto nello zainetto che in viaggio era appoggiato dietro su di loro e che in aereo diventava il “bagaglio a mano”) e ho sistemato il resto e soprattutto buste, plastiche, teli etc. a protezione del cambio e delle parti più esposte a urti e maltrattamenti. Ricordare di inserire dentro lo scatolone gli oggetti che è vietato portare addosso o nel bagaglio a mano durante il volo.

A Santiago, in rua S. Pedro 23 (vicino alle porte d’ingresso nella città storica), c’è un ciclista che per una cifra modesta te le imballa come si deve; il problema è, poi, come raggiungere stazione o aeroporto con questo grosso pacco e i bagagli rimasti fuori.

Invece a Santander, il cui aeroporto è ancor meglio collegato con l’Italia, la soluzione ideale è quella di trovare un alloggio nelle vicinanze della stazione degli Autobus (punto d’arrivo della linea Santiago-Santander e di partenza della navetta per l’aeroporto; in zona c'è anche un Albergue, ma io l'ho trovato al completo, per cui ho ripiegato su un discreto alberghetto a 40€) e da qui recarsi al negozio MOTOPIE, nella vicina calle Salmeròn, in cui recuperare uno scatolone per biciclette, trasportarlo alla Stazione Bus, con del nastro adesivo imballare la bici dopo averla smontata e caricare il pacco sulla navetta dell’ ALSA per l’aeroporto (2€). Un altro negozio vicino che può fornire lo scatolone si trova in calle Vargas (presso l’ Av. S. Fernando e vicino al tracciato del Camino). Attenzione, però, il Lunedì e il Giovedì passano gli addetti del Comune a ritirare i cartoni.

torna all'inizio della pagina

 

              per altri links sul Camino clicca qui:   Vai ai links sul Camino    

 

Non è importante in quale parte del mondo ti trovi; ciò che conta è la parte di mondo che porti dentro di te. 

 Marco Parrini

 

torna alla pagina precedente