L'avventura di due inglesi che hanno attraversato 20 Paesi
senza prendere un aereo
Utilizzando invece 19 treni, 7 battelli, 5 bus, 3 navi container, una canoa
Il giro del mondo in 381 giorni
Un'impresa anti-inquinamento
di ALESSANDRA RETICO
ROMA
- Girare il mondo e rimanere innocenti, non succede quasi più. A meno che non
si vada lentamente, col gusto di avanzare piano, comportarsi in modo gentile.
Allora niente aereo prima di tutto, le low cost abbassano i prezzi ma non
abbastanza i veleni che scaricano in cielo. Due ragazzi ci hanno provato a fare
i viandanti cortesi, sono andati alla fermata dell'autobus sotto casa e sono
tornati dopo 381 giorni.
Da Brixton Hill, a sud di Londra, sono saliti sul 59 fino alla stazione
Waterloo, e da quel momento è stata avventura, per la natura: venti paesi
attraversati da ovest a est e ritorno, 65mila chilometri senza mai alzare piede
da terra. E ogni metro se lo sono guadagnato con voglia e coscienza, mica un
villaggio tutto compreso e cocktail con l'ombrellino di paglia: 19 treni, 7
battelli, 5 bus, 3 navi container, una canoa. E bici e cavalli e muli e piedi
fino a sfiancarsi dalla fatica.
Ed Gillespie, 35 anni, ex biologo marino, consulente per l'ambiente ai Trasporti
di Londra, titolare di un'agenzia per il clima che si chiama Futerra, e la sua
fidanzata Fiona King, 29, sono tornati il 21 marzo dalla Costa Rica a Dover dopo
una traversata di 13 giorni dell'Atlantico su una nave carica di frutta. Dolce
ritorno di primavera, una sacca ognuno, jeans e maglietta, gli occhi felici e
appena 1,5 tonnellate di Co2 lasciate alle spalle: un decimo di quello che
avrebbero sgasato in aria se avessero preso l'aeroplano.
Un volo Roma-New York produce 2,5 tonnellate a passeggero, più di quello che
combina un automobilista in un anno. E poi: poco più di 39 euro al giorno a
persona, contando tutto e facendo una media, hanno speso. Niente male. Ce ne
vogliono almeno 6500 a testa senza guardare ai fronzoli per lo stesso tragitto
con mezzi più usuali, trasporti di linea compreso l'aereo. Molta Europa,
Russia, Giappone, Hong Kong, Australia, Nuova Zelanda, centro America e ritorno.
Emissioni di carbonio ridotte all'osso. "Non sono uno di quei fissati
assolutamente contrari all'aviazione", ha chiarito Gillespie al quotidiano
inglese The Independent. Fissato no, ma l'ultimo volo risale a cinque
anni fa, Malaga, vacanze estive, "adesso non trovo sufficienti ragioni per
giustificare l'impatto ambientale dei miei spostamenti solo per gratificare il
mio ego". E poi il viaggio è un attraversamento, uno scorrere piano tra le
cose, "non una panoramica dall'alto dopo aver fatto la fila al check-in e
mangiato panini orribili in quota".
Una filosofia non maggioritaria quando il credo corrente è un altro: tutto fast
dal cibo alle relazioni. A Gillespie piace il detto di Confucio, un viaggio
epico comincia con un singolo passo, "per questo li ho messi uno dietro
l'altro per mostrare le virtù del viaggiare lenti, un antidoto alla frenesia
della vita moderna con le conseguenze che ha anche sull'ambiente. La mia raison
d'être è rendere lo sviluppo sostenibile così desiderabile da farlo
diventare normale".
Ci vuole un po' di invenzione, e anche coraggio, e anche il tempo per rinunciare
alle comodità. L'industria del turismo alternativo, eco-responsabile sta
crescendo, i due globetrotter inglesi si sono serviti di molti operatori col
bollino verde. Hamish Jamieson, un agente di viaggio neozelandese (Freighter
Travel) che offre passaggi sulle navi merci "per navigare con noi e
sentirsi bene" (con il doppio senso).
Il sito inglese themaninseat61. com organizza viaggi in treno in Europa e in
Oriente con il chiaro intento di disaffezionare i turisti all'uso dell'aereo. La
Transiberiana per esempio, altro che epica, un'esperienza mistica, dai
finestrini solo tundra e tundra per migliaia di chilometri, da Mosca a Pechino o
a Vladivostok sul Mar del Giappone. Il simbolo della lunghezza e della lentezza
e della calma, la ripetitiva certezza delle cose.