Gli articoli di stampa o su rete contenenti riflessioni sul rapporto auto-bici, un tempo limitati e per lo più confinati in riviste specializzate, in questi ultimi anni sono diventati davvero sterminati ed è perciò difficile fare una cernita, tanto più aggiornata. 
Senza nessuna pretesa, qui ne ho riportato qualcuno, tra quelli che ho letto recentemente o che mi sono parsi più interessanti.

 

Dalla carta stampata:
 

 

Treno Italia

Quindici milioni di auto in coda, incidenti, decine di morti, areoporti e stazioni nel caos.

L'esodo di Natale fotografa un modello Italia «infelice». come scrive ieri anche il «Times». Ma più che un paese «vecchio e povero», il problema è la sua indifferenza per i beni comuni. A cominciare dalle ferrovie...

... Come da tradizione anche quest'anno l'esodo natalizio sarà da «bollino rosso». Oltre quindici milioni le auto incolonnate in fila indiana lungo l'intera rete autostradale italiana. Migliaia di chilometri d'asfalto, moltiplicate per due, tre, quattro corsie e che al fatidico km X si restringono come per magia fino a diventare una...

... Molti gli incidenti sulle strade; anche molto gravi. È il tributo alla modernità, o è un modo assurdo di sprecare le vite? Poi c'è un altro scenario, quasi una caricatura: centinaia di viaggiatori, decisi a spendere di più per fare presto e andare lontano...

IL MANIFESTO 23-12-07

 

Nelle città europee 300 milioni

di ciclisti pedalano sul velluto

 

Doretta Vicini  
Vice-President European Cyclists Federation

I tedeschi pedalano in vacanza muovendo un mercato da 5 miliardi di euro, gli inglesi hanno modificato il codice della strada e Londra ha raddoppiato le due ruote, Parigi è invasa da 20 mila biciclette pubbliche, a Copenhagen il 36% dei cittadini va al lavoro su due ruote, in Olanda ci sono parcheggi da 10 mila posti. 

«From Vision to Reality» era il titolo di Velo City 2007, la più grande conferenza mondiale sulla bici organizzata lo scorso giugno a Monaco di Baviera dalla European Cyclists’ Federation. In Europa ci sono 300 milioni di biciclette - un numero maggiore a quello delle auto ed ogni anno vengono percorsi in bicicletta 100 milioni di km. Nell’Unione Europea circa il 50% di tutti gli spostamenti in auto sono inferiori a 5 km, 30% sono persino inferiori a 2 km.

Camminare o andare in bici è la soluzione ideale per questi brevi spostamenti e offrirebbe un importante contributo alla diminuzione di emissione di CO2. Secondo la Dutch Cyclists’s Federation, se tutti gli spostamenti fino a 7,5 km fossero sostituiti con spostamenti in bici le emissioni di C02 nei Paesi Bassi scenderebbero di 2,4 milioni di tonnellate l’anno. Ma la bicicletta non è solo utile, è anche dilettevole.

La Germania vanta in Europa il primato delle vacanze in bicicletta. 45,4% di turisti tedeschi di oltre 14 anni (21,72 milioni) hanno usato nel 2006 la bici almeno per qualche giorno durante le vacanze. Nel 2005 erano 21,67 milioni contro, ad esempio, 7,9 milioni di sciatori e 3,8 milioni di giocatori di golf. 

Questa popolarità delle due ruote per le vacanze è dovuta anche all’efficiente rete di alberghi e B&B certificati dalla ADFC, la federazione dei ciclisti tedeschi, che conta 450 associazioni e 113.000 soci ed è sostenuta da 45 aziende. Si tratta di 4.536 strutture (marzo 2007) in continuo aumento. Viene pubblicata anche una lista aggiornata al 2007 (10°edizione) di 2.650 famiglie, che sono disposte ad ospitare gratuitamente i ciclisti.

I paesi prediletti sono quelli che offrono più servizi, quindi, oltre alla Germania, l’Olanda, l’Austria e la Francia, che hanno capito tra i primi l’enorme potenziale di questo mercato, che si aggira in Germania intorno ai 5 miliardi di euro. In media si spende per un viaggio in bici 1.169 Euro.

Anche in Inghilterra non sono i poveri ad andare in bici. Infatti il quinto più ricco della popolazione inglese fa in media due volte e mezzo più chilometri del quinto più povero. La London Cycling Campaign ha riscontrato che le persone con un reddito più alto tendono ad essere più istruite e quindi a comprenderne meglio i benefici per la salute.

Studi inglesi hanno dimostrato, infatti, che i ciclisti abituali hanno un fisico di 10 anni più giovane e che gli ultra 35enni che vanno in bici regolarmente aggiungono due anni all’aspettativa di vita. Per questa ragione il Cyclists Touring Club, che conta 70.000 membri, ha ricevuto una sovvenzione di 4,5 milioni di sterline per promuovere la bicicletta anche nella fascia più disagiata della popolazione. A questa organizzazione va anche il grande merito di essere riuscita a cambiare ben 40 regole nel codice della strada a favore dei ciclisti. Grazie alla loro iniziativa più di tre milioni di frequentatori di cinema la scorsa estate hanno visto un filmato di 60 secondi chiamato CycleHero che dimostra come l’andare in bicicletta può aiutare a risolvere i problemi dell’ambiente.

Ma passare alla bici ha benefici effetti anche sulla società in generale. Ogni volta che un automobilista si converte alla bici, dicono sempre gli studi inglesi, il risparmio è di 400 sterline l’anno, che vuol dire un minore aggravio sulle spese sanitarie, su assenze per malattia e tempo sprecato nel traffico cittadino. Un aumento del 20% entro il 2012 farebbe risparmiare 107 milioni di sterline in morti premature tra gli adulti, 52 milioni di sterline in spese sanitarie e 87 milioni di sterline in costi ai datori di lavoro per la diminuzione delle assenze per malattia.

Al momento solo 1,5% di tutti gli spostamenti avviene in bici in Inghilterra, ma questo non vale per Londra dove dal 2000 l’aumento è stato dell’83% secondo uno studio del Transport For London.

Il 2006 è stato l’anno del boom nella capitale britannica. L’uso della bici è salito vertiginosamente con l’aumento della congestion tax da 5 a 8 euro, deciso dal sindaco Livingstone, «Ken il Rosso». Livingstone non è un ciclista - preferisce gli autobus e la metropolitana - ma ha fatto più per la bici in Gran Bretagna di qualunque altra figura pubblica negli ultimi 120 anni. Ha affermato «Voglio che Londra diventi a world-class cycling city», e così è stato. Infatti gli investimenti di Transport for London per la bici sono saliti da 5,5 milioni nel 2000 a 32 milioni fino al 2010.

Ma Livingstone non è l’unico sindaco europeo a essere convinto dei benefici effetti delle due ruote. Anche Bertrand Delanoë ha operato una vera e propria rivoluzione a Parigi con l’introduzione di 20.000 bici pubbliche, che hanno cambiato il volto della città e hanno convinto molti cittadini a lasciare l’automobile e a comprarsi una bici propria. 

I più convinti assertori della bici sono però gli olandesi e i danesi. 

A Copenhagen tutti vanno in bici, gli studenti, le donna incinta, i professionisti, i poliziotti... e anche il re. Ci sono 2.000 km di piste o corsie ciclabili. Il 36% dei cittadini si reca al lavoro in bici, a poche pedalate dall’obiettivo che si è posto la municipalità di arrivare al 40% di ciclisti abituali. Dappertutto ci sono parcheggi per le bici e i negozi addetti alla riparazione sono 143 in città, contro una media europea di 10-20, ad eccezione di Praga che ne ha 85, sintomo del considerevole aumento d’interesse.    Il numero degli incidenti gravi è diminuito del 18% dal 2002. Una curiosità: al pronto soccorso dell’ospedale di Frederiksberg durante il weekend metà degli incidenti in bicicletta sono di persone che vanno in giro ubriache.

L’Olanda è da tempo un paradiso per i ciclisti. Ad Amsterdam 40% dei pendolari va al lavoro in bicicletta. Ci sono parcheggi enormi che contengono 10.000 biciclette, come quello di Groeningen. Un problema (anche in nord Europa) è quello dei furti. Per cui nel 2003 la città di Amsterdam ha aumentato l’ammenda per l’acquisto o la vendita di bici in strada. La punizione per il furto di bicicletta può comportare fino a tre mesi di prigione.

Molti in Europa guardano a questi due paesi come il principale esempio da seguire. Il primo ministro olandese Jan Peter Balkenende va sempre al lavoro in bicicletta, così come molti avvocati, ed alti dirigenti (come il danese Lars Rebien Sorensen, CEO del gigante farmaceutico Novo Nordisk). Anche il principe olandese Maurits van Oranje per le sue uscite usa spesso la bici.

Ma come si fa a scoraggiare l’uso dell’automobile in città? Con coraggio e molta determinazione. In Danimarca, ad esempio, la tassa per l’acquisto di una nuova auto ammonta al 180%. Entrambe le metropoli nordiche fanno corsi ai guidatori di mezzi pesanti per insegnare loro a stare attenti ai ciclisti quando svoltano a destra e hanno fatto cambiare gli specchietti sui camion in modo che siano in posizione adatta per vedere sempre il ciclista che si sta superando. Nuove misure sono state introdotte per salvaguardare l’incolumità dei ciclisti agli incroci e, nonostante l’aumento dei ciclisti, il numero dei morti è sceso in Olanda a 31 nel 2006 contro i 53 del 2004 e quello dei feriti gravi è sceso da 726 a 567 nello stesso periodo. 

H.G. Wells scriveva: «Ogni volta che vedo un adulto in bicicletta penso che per la razza umana ci sia ancora speranza», e la speranza in Europa si sta trasformando in realtà.

IL MANIFESTO 9-XI-07

(altre informazioni sul sito: www.transportbenchmarks.org )
  

 
Il ciclista campa dove l’auto crepa

Franco La Cecla 

La bicicletta è l’invenzione del futuro. Bella, egualitaria, stilosa, anti-age, ecologica e sovversiva, eppure nel nostro paese governato da vecchi auto-lesionisti non se ne accorge nessuno. In Europa la bici si fa strada, in Italia le auto continuano l’esproprio illegale di spazio urbano, i ciclisti muoiono e chi sopravvive pedala ai margini o rischia di essere relegato in piste per cittadini di serie B.

Nelle attuali condizioni generali delle città, chiunque inviti con allegria ed eco consapevolezza gli utenti della città a servirsi della bici è un istigatore al suicidio.

Hanno un bel parlare i sindaci, le amministrazioni illuminate, perfino quelle che si lanciano verso la bici come servizio pubblico con un sistema di locazione superaccessibile ed ubiquo. Le cifre parlano chiaro. Il numero dei ciclisti uccisi o feriti nel traffico urbano negli ultimi anni è andato vertiginosamente aumentando.

Lo spazio urbano è di tutti. Non ci sono santi. Il ciclista ed il pedone ancor più di lui, sono esposti al pericolo maggiore: i loro corpi sono troppo fragili per circolare in mezzo ad un ammasso di ferraglia cittadina lanciata a più di trenta chilometri orari (che è la velocità oltre la quale qualunque impatto di un veicolo con un corpo umano genera quasi sempre la morte di quest’ultimo). E’ inutile e perfino criminale spingere i cittadini a servirsi delle bici come scelta ecologica, è ridicolo pensare che le piste ciclabili siano al riparo dei pericoli della strada. 

Fin quando la città, fin quando le città italiane saranno il luogo dove alle automobili è permesso il privilegio anacronistico di circolare, avremo solo una ecologia alla Montezemolo o alla Pecoraro Scanio, cioè una ecologia dell’aggiustamento e della negoziazione che ha come effetto di far pagare i costi dell’inquinamento agli eco-consapevoli. E’ ridicolo pensare che la bici sia una questione di minore inquinamento, come se la questione ecologica fosse oramai solo in mano a centraline di controllo e a fisici dell’ambiente. 

Ma è possibile che nessuno si accorga che è una questione di normale equità di accesso alle risorse? Lo spazio urbano è una risorsa a cui tutti devono accedere in maniera democratica ed egualitaria.

E’ ormai noto che le automobili occupano uno spazio che viene concesso loro con un esproprio illegale e generalizzato delle zone pubbliche della città. Le strade sono di tutti i cittadini e nessuna tassa di circolazione dovrebbe consentire l’esproprio da parte del più forte dello spazio che è di tutti. Le automobili non solo inquinano, ma devastano lo spazio della democrazia, del diritto generale di godimento di una città. In più sono assolutamente anacronistiche. Se Diderot dovesse scrivere oggi la voce Stupidità Umana su una appendice alla Encyclopédie sicuramente descriverebbe un ingorgo normale alle ore di punta in qualsiasi città europea.

Chi oggi ha il coraggio di sostenere che l’automobile è un mezzo per circolare, per spostarsi? Non lo dicono nemmeno più i pubblicitari, le puttane dell’ebbrezza a basso costo su una Suv. Se c’è un motivo per cui la gente oggi compra ancora le Suv e le grosse cilindrate e ci circola in città (vorrei sapere se Walter Veltroni o qualunque altro sindaco illuminato ha mai fatto una ordinanza che proibisce categoricamente alle Suv di circolare in città) è che è un modo di occupare lo spazio altrui - una Suv occupa lo spazio di venti persone in piedi e di dieci sedute. Ve lo dicono anche le sciure milanesi che vi spiegano che così si sentono protette dal caos e dalla violenza cittadina. 

Insomma a pensarci bene le Suv e le automobili sono oggi giustificabili solo dalla guerra urbana. Non è un caso che le Suv nascano proprio come veicoli di guerra e abbiano tanto successo nella Mosca dei nuovi ricchi. Si tratta della guerra per accaparrarsi la città e per dimostrare a tutti che la sicurezza è proporzionale alla dose di prepotenza gestibile.

IL MANIFESTO 9-XI-07

 
 

 e dalla rete: 
 


L'esperimento di Vauban, una città senza automobili

Siamo a Vauban, alla periferia di Friburgo, in un nuovo sobborgo di periferia al confine con la Francia e la Svizzera, che ha deciso di sperimentare la vita senza auto.

A Vauban non circolano macchine, ad eccezione della via principale dove passa il tram che porta al centro di Friburgo, ma il 70% delle famiglie non possiede alcun veicolo e il 57% abitava in un altro luogo prima di vendere la macchina e trasferirsi a Vauban.

A Vauban ogni cosa è raggiungibile a piedi e le biciclette degli abitanti sono dotate di carrellini agganciati dietro per andare a fare la spesa. Quando l’auto serve per spostamenti o trasporti ingombranti, le famiglie acquistano macchine in comune o si servono di veicoli comunali in car sharing.

Vauban, con 5.500 abitanti in 2 km quadrati, è un esperimento avviato nel 2006 per realizzare una città a misura d’uomo, a partire dalla riduzione delle emissioni di gas serra e dai benefici ambientali e di salute che derivano dal non usare le auto. A vedere dal numero di persone che ci si è trasferito pur di abbandonare la macchina e avere una città a misura d’uomo, sembra che l’esperimento funzioni.

pubblicato: venerdì 19 giugno 2009 da missunderstanding in: Europa Auto Biciclette

da:  http://www.ecoblog.it/post/8592/lesperimento-di-vauban-una-citta-senza-automobili 

 

 

 

Secondo l'83% degli europei bisognerebbe riservare un
trattamento privilegiato alle due ruote rispetto all'auto privata

La bicicletta batte l'auto
In Europa la strada è segnata

Secondo l'83% degli europei bisognerebbe riservare un trattamento privilegiato ai trasporti pubblici rispetto all'auto privata. Ma i trasporti pubblici non sono l'unica alternativa ecologica: in Gran Bretagna la stessa Automobile Association è favorevole a convincere i suoi membri a usare le due ruote come mezzo di scambio e per invogliarli ha effettuato uno studio sugli auto-ciclisti.

Combinando le misure a favore della bici e dei mezzi pubblici alcune città sono riuscite a ridurre i tassi di impiego dell' auto. A Aarhus in Danimarca è scattata l'operazione Bikebusters che ha indirizzato molti automobilisti a optare per questo mezzo più rispettoso dell'ambiente, sempre più efficiente, comodo e silenzioso in grado di diventare competitivo con le quattro ruote anche in termini di rapidità.

E' stato infatti verificato che nei tragitti urbani brevi la bici è più veloce dell'auto: anche 5 km, e più, man mano che aumenta la congestione del traffico, soprattutto se si considera che in Europa il 30% dei tragitti effettuati in auto copre distanze inferiori a 3 km e il 50% è inferiore a 5 km. E infatti la stessa indagine che ha accertato l'interesse degli europei per il potenziamento del trasporto pubblico mostra come il 73% dei nostri concittadini ritenga giusto riservare un trattamento preferenziale alle due ruote rispetto all'auto.

Ma la buona volontà va accompagnata da misure concrete: a Friburgo sta avendo successo l'iniziativa dell'auto "solo tollerata", ormai sostenuta anche da operatori economici e commercianti che si erano inizialmente opposti a un centro storico aperto solo a pedoni e due ruote.

Ogni spostamento in bicicletta genera economie e vantaggi: assenza totale di impatto, sia acustico che atmosferico, tutela dei monumenti e della natura, minore occupazione del suolo, inferiore deterioramento del manto stradale, riduzione degli ingorghi e circolazione automobilistica più fluida, migliore accessibilità ai servizi, guadagno di tempo. Tanto che a Graz in Austria si è compiuta una stima dei possibili effetti e benefici a lungo termine di una politica a favore della bicicletta, che ha dimostrato la possibilità di una riduzione della durata dei tragitti porta a porta del 39%, un abbassamento dei costi per gli spostamenti del 30%, un incremento della sicurezza del 3%, una minore occupazione delle strade del 30%, una riduzione delle emissioni del monossido di carbonio del 36% e degli idrocarburi del 37%, mentre il decremento del biossido di azoto raggiungerebbe addirittura il 56%.

 La Repubblica  (19 settembre 2005)

in http://www.repubblica.it/2005/i/motori/settembre05/bicibatteauto/bicibatteauto.html 

 

 

 

Le due ruote potrebbero tranquillamente sostituire la macchina visto
che la vettura si usa nel 50% dei casi per spostamenti inferiori ai 5 km
 

Smog, la bici torna protagonista 

   
 Una vera alternativa all'auto 
 

Lotta al traffico su due ruote. L' Italia dell'emergenza smog rispolvera la bicicletta, non solo il mezzo più economico, flessibile, meno ingombrante e il più ecologico, ma anche il sistema più veloce per spostarsi in città, come risultato nel tradizionale "Premio tartaruga" di Legambiente. E proprio la bicicletta potrebbe diventare un jolly prezioso. Da non sottovalutare i benefici del risparmio in tempi di caro-benzina: 50 euro al mese con 10 chilometri al giorno in bicicletta. Le grandi città sono però ancora al palo mentre le due ruote vincono nei piccoli centri. Il settore comunque registra vendite in crescita con una quota di piste ciclabili in città di oltre 4.000 km.

E dire che la bicicletta potrebbe tranquillamente sostituire l'auto visto che, secondo gli ultimi dati della Commissione europea, l'auto si usa per il 50% degli spostamenti urbani e interurbani in molti casi inferiori ai 5 km, proprio il raggio ottimale di utilizzo delle due ruote.

Per quanto riguarda la fotografia dell'Italia in bicicletta, le città più virtuose si trovano nel Centro Nord, specie in Emilia Romagna, Veneto e Lombardia. Ferrara brilla come regina della ecomobilità, visto che quasi un abitante su tre si sposta in bici per fare la spola casa-lavoro, lavoro-casa. I primi della classe in Italia sono centri medio/piccoli, come Parma, Reggio Emilia, Ravenna, Verona, Padova, Bolzano, Trento, Modena, Brescia, Collecchio, Correggio e Abbiate Grasso.

Ma ora, tra blocchi, targhe alterne e ingorghi, la bicicletta sta diventando anche un'esigenza delle grandi città. Gli addetti ai lavori del mondo delle due ruote guardano alle esperienze all'estero e non sono soddisfatti dell'attenzione delle amministrazioni locali italiane per le politiche della mobilità. Nonostante i dati del mercato italiano delle bici siano buoni: "Il trend è positivo: nel 2002 ne sono state vendute 1.384.000, nel 2004 1.666.000 - spiega Augusto Castagna, coordinatore dell'AICC, Associazione Italiana Città Ciclabili - i fattori alla base di questa continua crescita sono condizioni oggettive come il clima, le città piccole e pianeggianti; la congestione del traffico automobilistico con i suoi effetti sulla mobilità, sempre più lenta e sulla qualità dell'aria".

Tendenza confortata anche da provvedimenti in fase di realizzazione in molte città che prevedono di destinare spazi ad hoc alla bicicletta e quelli finalizzati alla moderazione del traffico.

"Nel 2000 - afferma Castagna - erano poco più di 1000 i km di piste ciclabili in ambito urbano e circa 3500 i km di piste e/o di itinerari ciclabili di carattere provinciale, ora si stima che siano quasi 4200 i km in ambito urbano e 8400 i km su piste o itinerari extraurbani. Certo, i Comuni di piccola e media dimensione stanno lavorando con metodo ed intensità di gran lunga superiore alle grandi città. Oltre il 50% delle Province Italiane si occupano di ciclabilità del territorio, con approcci diversi ma con la tendenza prevalente di dotarsi di piani provinciali per la mobilità ciclistica".

A giocare a favore della bicicletta la sempre maggiore cura del corpo e un'attenzione diversa per la propria salute, ma soprattutto anche il caro benzina (facendo 10/12 km al giorno in bicicletta si risparmiano circa 50 euro al mese).

Secondo Castagna "la bicicletta non è un mezzo di trasporto alternativo, ma semplicemente un mezzo di trasporto. La ciclabilità in ambito urbano non può più essere considerata una questione marginale, episodica, ma parte integrante della politica della amministrazione e della gestione del territorio". Tanto che alcuni Enti Locali, che hanno realizzato un 'Ufficio Biciclette'. A questo però vanno aggiunti studi mirati: "Nelle città europee vengono monitorati i tipi di spostamenti (il modal split), se in auto, treno, mezzo pubblico o bicicletta. Sapere come si spostano i cittadini significa essere in grado di promuovere la mobilità sostenibile e definire di volta in volta gli obiettivi ai quali destinare le risorse disponibili. Il punto di partenza - ricorda Castagna - è la consapevolezza che la bicicletta è un mezzo indispensabile per realizzare una efficace intermodalità".

(6 febbraio 2006)

 in: http://www.repubblica.it/2006/b/motori/febbraio2006/bicicitta/bicicitta.html 

 

 
 Allarme polveri sottili

avvelenate sette città su dieci

Antonio Cianciullo

 

Ad Ascoli Piceno dall’inizio dell’anno solo due volte si sono superati i limiti per le polveri sottili. E si possono accontentare a Isernia, Viterbo, Belluno, Caserta, Aosta e Campobasso. Ma l’elenco delle città in regola è molto corto. Ben 47 aree urbane su 68 hanno già consumato, prima che si concluda il 2007, il bonus annuale concesso dall’Unione europea per le eccezioni a un normale livello di qualità dell’aria. Sette bocciati su 10: è il verdetto del rapporto preparato da Legambiente […]

La legge prevede che Le PMIO, le micidiali polveri ultra fini, non possano superare una concentrazione di 50 microgrammi per metro cubo per oltre 35 giorni l’anno. Cinquanta microgrammi per la verità non sono un valore ottimale perché questo genere di inquinanti provoca anche tumori: vuol dire che le probabilità di ammalarsi sono proporzionali all’esposizione e non esiste una soglia minima sotto la quale si evita statisticamente ogni danno. L’Organizzazione Mondiale di Sanità ha calcolato che in 13 città italiane, se si arrivasse al tetto di 20 microgrammi per metro cubo previsto da Bruxelles come valore annuale entro il 2010 (oggi è 40 microgrammi), si eviterebbero 8220 morti.

Le città italiane però, anziché correre verso l’obiettivo sicurezza, viaggiano a livelli d’inquinamento anche molte volte superiori al massimo fissato già oggi per legge. Il record (sempre da gennaio a metà novembre) va a una centralina di Torino, con 149 superamenti. Seguono Mestre con 127, Verona (121), Vicenza (116), Cagliari (115), Padova (115), Reggio Emilia (110). Anche Milano (stazione di rilevamento a Juvara-Pascal) sta quasi al triplo dei limiti di legge (100 superamenti) e Roma segue a ruota con 95 (Tiburtina).

Una situazione grave, nonostante qualche leggero segnale di miglioramento rispetto al 2006, che ha un preciso responsabile. L’imputato numero uno è il traffico con una quota di colpa pari in media al 70 per cento. Poi c’è il riscaldamento, che oscilla dal 26 per cento di responsabilità al Nord all’8 per cento a Sud. Il resto è dato dal residuo di attività industriali ancora collocato in area urbana.

È dunque sul traffico che si dovrebbero concentrare gli interventi strutturali. Anche perché i pur notevoli miglioramenti di efficienza dei motori non hanno impedito alle emissioni di anidride carbonica da trasporto stradale di crescere del 18 per cento negli ultimi dieci anni. «Bisogna portare in città gli abitanti, non le macchine: mentre i centri storici si svuotano rischiando di trasformarsi in Disneyland per turisti, le grandi vie d’accesso si riempiono di veleni», osserva Alberto Fiorillo, responsabile delle aree urbane di Legambiente. «L’uso delle auto comporta costi ambientali e sanitari pesanti che vanno conteggiati. A Londra il road pricing ha fatto diminuire nelle aree centrali le macchine del 30 per cento e gli inquinanti del 20 per cento. Se si applicasse un pedaggio di 5 euro sul raccordo anulare romano, la capitale incasserebbe in tre anni 2,7 miliardi di euro con cui si potrebbe costruire una nuova linea di metropolitana.»

La Repubblica 2007-12-03

In http://213.175.14.27/minirass/immagini/031207o/2007120334135.pdf 

 

 

e infine qualche Video in rete:

 

 Beppe Grillo e l'etica della mobilità

 L’anti-spot della Nuova Fiat 500

 Scontro tra 4 e 2 ruote

 Manifestazione anti traffico a Firenze

 Riappropriarsi della strada (CM a Lecco)

 Critical Mass a S. Francisco 2007

Copenhagen, città a misura di ciclista

 

 

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