Su omu balente si bidet in britzicheta

Breve cronaca del viaggio in Sardegna 2012

(da completare)

 

    1 giorno _ giovedì 19 Aprile    LIVORNO - GOLFO ARANCI

Scartata l'ipotesi, almeno per questa volta, di raggiungere la Sardegna in aereo (c'è sì un volo Ryan Air da Pisa a Cagliari o ad Alghero, ma poi, a parte la maggiore lontananza dell'aeroporto da Nuoro, c'è il problema dell'antipatico smontaggio-rimontaggio della bici) e in mancanza di un pedalò adatto per attraversare il mare (ma chissà, un domani...) l'unica opzione possibile rimasta è il traghetto.  La traversata notturna richiede qualche ora in più di  quella diurna (10 ore anziché 7), ma offre il vantaggio di avere, appena sbarcati intorno alle 7.30 del mattino, tutta la giornata libera davanti a sé e io intendo raggiungere Nuoro in una sola tappa senza pernottamenti, cosa impossibile scegliendo la traversata diurna e arrivando a pomeriggio inoltrato.

L'unica incognita è rappresentata dal meteo, che è particolarmente instabile in questo periodo e infatti anche stavolta  le previsioni alternano sole e nuvole, vento e pioggia. Preparo per tempo la mantellina e gli altri accessori anti-pioggia. In realtà fino alla vigilia della partenza il tempo è inaspettatamente bello, ma la sera del 19 dopo le prime pedalate in direzione del porto comincia a cadere qualche goccia che si fa via via più intensa. Arrivato al porto la pioggia è così fitta, anche se non violenta, da limitare la visibilità.

Raggiungo la banchina da cui in base anche alle passate esperienze è solita salpare la nave della Sardinia-Ferry per Golfo Aranci e, anche se l'imbarco di moto e auto non è ancora iniziato, ottengo dai marinai impietositi di entrare nell' imboccatura della nave per proteggermi dal maltempo. Si avvicina l'ora della partenza, ma è solo dopo quasi mezz'ora (dopo che io insisto a chiedere come mai non si preparano alla partenza) che a un controllo più accurato fortunatamente si accorgono che il mio biglietto indica come meta la Sardegna e non la Corsica, dove invece sono diretti loro! Per qualche minuto mi do dello stupido per aver rischiato un errore così incredibile; d'altra parte le due navi appartengono alla stessa compagnia e sono almeno apparentemente identiche, salvo il nome sulla fiancata, e soprattutto nulla sapevo dello scambio di banchina. In ogni caso pedalo a tutta forza per raggiungere il molo giusto, sperando che le operazioni di imbarco non siano state già chiuse e la nave, magari, partita. In effetti quando arrivo mi prende un colpo: della nave non c'è traccia, però poi noto una lunga fila di automezzi in attesa di essere imbarcati. Raggiunta l'estremità del molo chiedo a un marinaio e qui ho la seconda sorpresa della serata: il traghetto proveniente dalla Sardegna non solo non è ancora arrivato, ma è bloccato una trentina di miglia a sud di Livorno per ricercare un uomo disperso nel mare agitato e nemmeno si sa quando arriverà. Mi rifugio sotto un provvidenziale tendone insieme a decine e decine di altre persone in attesa: sardi che devono ritornare a casa, turisti italiani o stranieri che intendono passare le festività del 25 Aprile o del 1° Maggio sull'isola, scolaresche di ogni provenienza ed età in gita, camionisti che trasportano merci deperibili... nella bolgia anche le notizie si susseguono, si intrecciano, si gonfiano si contraddicono: il naufrago da uno diventa una coppia, poi tre persone, poi un passeggero della nave stessa che si è voluto suicidare, infine uno skipper troppo imprudente che ha voluto sfidare il mare grosso; chi lo dà per morto, chi disperso, chi ricoverato da qualche parte; mentre il ritardo della nave è quantificato a un paio d'ore come all'intera nottata...

Poi, finalmente, il traghetto arriva e in fretta e furia si procede all'imbarco sotto la pioggia battente. Si riesce infine a salpare due ore dopo il previsto. Dopo essermi cambiato e aver consumato un rapido supplemento di cena, mi preparo per la notte: a differenza delle precedenti navigazioni, stavolta ho deciso di non prendere la cabina, sia per limitare i costi, sia per riprovare le sensazioni dei miei viaggi giovanili in autostop, quando dormivo dove capitava, YMCA, case in costruzione, disfatture di automobili, capanne nei boschi... Mi sono portato dietro il sacco-letto già usato nel viaggio a Santiago e, ammaestrato da quello che ho notato nelle altre traversate, ho subito occupato lo spazio necessario su un comodo divano nella parte più riposta del grande salone-bar.

Il problema è che quattro o cinque famiglie con una caterva di ragazzini sotto i dieci anni (li avevo presi per una classe elementare in gita e comunque alla fine conto ben 19 persone) ha avuto la mia stessa idea e fin dopo la mezzanotte è tutto uno strillare, un rincorrersi, un arrampicarsi, punteggiati da blandi quanto inefficaci "Michelino smetti di tirare i capelli di Martina!", "Manu, non ballare sul tavolo con le scarpe", "Sabrina, non tirare quel posacenere, che puoi far male al signore", che poi sarei io. Poi, come Dio vuole, anche loro trovano pace e si può provare a dormire. Le mie vecchie ossa ringraziano, ma il sonno dura solo poche ore: appena viene data la sveglia delle 6 con l'invito a lasciare le cabine, mentre io, contento per non aver preso la cabina e poter dormire una mezz'ora in più, mi avvolgo meglio nel sacco-letto, l'orda dei piccoli diavoli si scatena nuovamente e all'unisono. Sconfitto, raduno le mie cose, prendo un cappuccino e salgo in coperta. Il cielo si presenta quasi sereno, fresco e ventoso e la Sardegna è già in vista, anzi vicinissima; dunque, non solo non piove, ma la nave ha anche recuperato completamente il ritardo; alle 7.30 infatti, metto piede e ruota sulla terraferma e poco dopo do il primo colpo di pedale, bruciando alla partenza le altre auto. 

 

    2 giorno _ venerdì 20 Aprile    GOLFO ARANCI - NUORO

Aria frizzante, cielo a pecorelle, ma senza "acqua a catinelle", anzi i loro teneri sbuffi rosati sembrano promettere una giornata tranquilla. Mi allontano dal porto procedendo a singhiozzo in mezzo al traffico di camion e auto che via via mi raggiungono e mi superano impazienti, magari per rallentare o fermarsi subito dopo, se il primo della fila cambia direzione, si arresta a un incrocio o si ferma  a scattare qualche foto. Tempo mezzora, comunque, il traffico si esaurisce; ora la strada è tutta mia e si snoda tra curve e gradevoli saliscendi, regalandomi il piacere di pedalare col solo rumore del vento in mezzo al verde e ai primi aromi primaverili della macchia mediterranea in cui riesco a  riconoscere solo cisto, mirto, lentisco, corbezzolo e finocchio selvatico, ma che pare assai più ricca di piante diverse. Anch'io mi fermo a fare qualche foto, specialmente quando dopo una curva o un dosso si aprono improvvisamente squarci di panorama in cui mare e cielo, costa e isole sembrano giocare a nascondino. Sono già stato in Sardegna in altre occasioni, ma questa è la prima volta che  posso godermi quasi al rallentatore lo spettacolo della natura, cogliendo dettagli che viaggiando in macchina non  avrei potuto osservare e di ciò debbo ringraziare la bicicletta.

Questo ritmo semi-contemplativo di pedalata oltretutto consente di procedere a un lungo e graduale riscaldamento, riducendo l'impegno fisico e risparmiando energie per quando saranno più necessarie. Del resto ho calcolato che, senza forzare, posso coprire i 125 km della tappa Golfo Aranci -  Nuoro in 6 ore, comprese varie piccole soste, considerato che è inutile arrivare a Nuoro prima delle 14,30 quando Arianna torna dal lavoro. Anzi a conforto di questa saggia programmazione, al primo bar che incontro mi fermo per fare una colazione come dio comanda.

Avvicinandoci ad Olbia la strada si fa più ampia e pianeggiante. E trafficata; ragion per cui opto per una deviazione verso la costa e raggiungo così Pittulongu, classico piccolo borgo che l'espansione del turismo ha gonfiato di seconde case; non siamo ancora in alta stagione perciò strade ed edifici non sono ancora animati dalla frenesia dei mesi estivi, tuttavia è evidente l'alterazione che l'ambiente naturale con le sue spiagge ancora splendide (lingue di sabbia chiara strette tra il blu intenso del mare e il verde della macchia a ridosso della riva) ha dovuto subire ad opera dell'uomo. D'altra parte freno il mio puritanesimo ecologista e forse un po' ipocrita che vorrebbe condannare ogni trasformazione in nome della preservazione incontaminata della natura, riflettendo che da un lato il turismo è una risorsa indispensabile per una regione, come la Sardegna, bella ma non ricca e dall'altro che è incoerente che scagli la prima pietra chiunque viva in una società ad alto tasso di tecnologia e consumismo come la nostra. Sarebbe un atteggiamento simile a quello di quei governi occidentali che, dopo aver depauperato e avvelenato terra, aria e acqua del proprio stato e dell'intero pianeta con il loro sfrenato sviluppo industriale, pretendono ora di imporre severi limiti alla crescita dei Paesi emergenti col pretesto di salvaguardare l'ambiente.

Attraversata la zona industriale di Olbia, entro finalmente in città, senza avventurarmi in centro, ma rimanendo lungo il litorale; oltrepasso la zona del porto e il bivio per l'aeroporto e infine prendo per la SS 125 o Orientale Sarda che seguirò fino a Siniscola, dove la abbandonerò per puntare a Ovest verso Nuoro sulla SP 45.

A Murtas Maria altra sosta (ufficialmente per comprare il giornale, che difficilmente avrò modo di leggere in viaggio) e chiacchierata con un passante. Quando riparto scopro che il cielo si è improvvisamente rannuvolato e che il vento non è più quel refolo gentile e schietto di un'ora fa, ma spira contro tagliente e freddo. Fino quasi a Porto San Paolo il percorso è pianeggiante, a tratti stagni e canne palustri dànno l'impressione di trovarsi a livello del mare o addirittura più in basso ancora, poi si incontra qualche salitella che risulta comunque meno fastidiosa del vento. Verso San Teodoro il tempo cambia ancora e il vento anziché da Sud spira ora da Ovest: non è a favore, ma certo è meno contrario di prima, tanto che la media sale a 24 km/h; e poi si rifà vivo il sole, che in giornate come questa non solo rende vividi i colori del paesaggio, ma contribuisce a scaldare rapidamente l'aria.

Subito dopo Budoni un cartello preannuncia che la SS 125 sarà interrotta per lavori tra Tanaunella e Posada, per cui si dovrà deviare sulla SS 131 (la diramazione nuorese della "Carlo Felice"). Lo faccio malvolentieri, perché avevo deciso di non utilizzare questa superstrada, almeno nel viaggio di andata, ma casomai al ritorno quando dovrò raggiungere speditamente il porto di Golfo Aranci per non rischiare che un qualche imprevisto mi faccia perdere l'appuntamento col traghetto. Prendo dunque la deviazione per Limpiddu e da lì imbocco la SS131, dopo aver verificato il funzionamento delle luci; un signore mi ha sconsigliato la superstrada per la sua pericolosità a causa del traffico e per la presenza di una lunga galleria. In realtà trovo subito la galleria effettivamente lunga e in salita, ma ben illuminata, ventilata e - ancor meglio - senza traffico, tanto che allo svincolo per Posada decido di continuare fino a Siniscola.

Il sole, anche se alternato a nere nubi che transitano veloci, adesso picchia forte; il vento pure e i saliscendi si sono fatti più accentuati, ma la strada è così sgombra e scorrevole che pedalo a tutta forza senza "quasi" sentire fatica (e senza pensare a risparmiare energie per il tratto finale). Dalle poche auto che mi sorpassano (non più di una decina in quasi 20km) provengono spesso allegri strombazzamenti che voglio interpretare come saluto benaugurante, anche perché la mia condotta di guida è esemplare, nonostante l'alta velocità nelle discese e una marcia non proprio rasente il lato destro della carreggiata.

Imbocco finalmente lo svincolo che, lasciata la superstrada, porta a Siniscola, qualche decina di metri più in basso. Sono soddisfatto: ho percorso oltre 70 km in tre ore circa di pedalate, a una media tutto sommato apprezzabile considerando i momenti di traffico, l'attraversamento dei centri urbani, qualche salita e il vento contrario; ma so anche che, se il tratto percorso rappresenta oltre  i due terzi del totale, i prossimi 50 km -e specialmente gli ultimi 10 con l'impegnativa salita a Nuoro- prevedono salite  non trascurabili, almeno a giudicare dalla mappa altimetrica che ho  esaminato su Google, e la previsione di altre tre ore di pedalate prima dell'arrivo è tutt'altro che  pessimistica. Anche il cielo sembra pronto a rompere la tregua; finora, salvo un paio di spruzzate di lieve entità, il tempo mi ha risparmiato, nonostante che le previsioni meteo dei giorni passati annunciassero alte probabilità di rovesci, ma adesso nubi nere e gonfie si stanno addensando da Ovest e so già che il battesimo della pioggia è solo questione di minuti. Intanto raggiungo il centro di Siniscola, insolitamente trafficato, tanto da costringermi due o tre volte ad appoggiare il piede a terra e a perdere inutilmente del tempo. Con qualche scatto nervoso riprendo velocità, ma una salita, che a me pare un muro, mi fa avvertire i primi sintomi di stanchezza. Dalla parte alta di Siniscola, lasciata l'Orientale Sarda che prosegue verso Orosei più a Sud, scendo nuovamente in basso per prendere la provinciale n° 45 che punta decisamente a Ovest, correndo parallela alla superstrada.

Come previsto inizia a piovere, prima sporadicamente, poi in maniera sempre più insistente. Perdo un po' di tempo a indossare mantellina, gambali e il resto, ma mi ritengo fortunato perché la strada è pianeggiante e il vento non troppo forte. Bastano dieci minuti a smentire il mio troppo facile ottimismo: la strada inizia a salire, poi a scendere e ancora a salire più volte, mentre il vento prende a soffiare non più lateralmente, ma decisamente contrario, facendo sbattere rumorosamente la mantella e mettendo a dura prova le protezioni antipioggia. Nella speranza che andando incontro alla perturbazione questa passi più in fretta, cerco di mantenere una buona andatura, ma il costo energetico è troppo alto e debbo rallentare; ora alla fatica che si fa decisamente sentire si aggiunge il fastidio del sudore e dell'umidità che si condensa sulla pelle sotto la plastica della mantella; ma non posso certo lamentarmi, si tratta di eventi più che normali in un percorso di oltre cento km, tanto più in una stagione mutevole come la primavera. 

La strada è stretta e costeggiata dal verde di una vegetazione spontanea che si prende la rivincita sull'uomo invadendo i suoi manufatti, come si vede dai continui ciuffi d'erba che affiorano dalle crepe sull'asfalto e dagli arbusti che fuoriescono dalle porte e dalle finestre di qualche costruzione in rovina. Ma quello che più impressiona è l'assoluta mancanza di auto e di case abitate: pare una strada fantasma, che si snoda nel nulla; fa la stessa impressione di quelle cittadine minerarie sorte fulmineamente a fine Ottocento in California, ai tempi della corsa all'oro e altrettanto rapidamente abbandonate, man mano che i filoni si esaurivano, per diventare preda di polvere, vento e cespugli rotolanti. Qui la spiegazione è più semplice e meno romantica: questa strada, che originariamente costituiva la via di comunicazione obbligata tra Siniscola e Nuoro, è stata praticamente dismessa quando le si è affiancata la più ampia e funzionale  SS 131 ed è rimasta disponibile all'uso ciclabile di potenziali sportivi o cicloturisti.

All'improvviso devo frenare bruscamente sull'asfalto viscido: dietro una curva mi si parano davanti due mucche che ostruiscono completamente la carreggiata e mi guardano un po' stupite e un po' seccate, anzi a un certo punto sembra quasi che una di loro voglia caricare e scacciare a cornate questo intruso che ha osato invadere il loro territorio, ma poi dà prova di tolleranza e di saggezza e, fattasi da parte, mi lascia magnanimamente passare. Pochi kilometri dopo la scena si ripete con un gregge di pecore che hanno invaso la strada e che si spostano solo dopo che la prima di loro pigramente si fa da parte in seguito ai miei urli e battiti di mano; mi osservano con un'espressione infastidita, insistente e vacua al tempo stesso e ho l'impressione che il meno intelligente fra noi debba sembrare io. Ma non è finita: poco dopo, da una siepe accanto all'asfalto si stacca con la caratteristica andatura caracollante un cinghialotto non ancora adulto, come dimostra la mancanza di setole scure; incredulo, faccio per avvicinarmi e fotografarlo, ma appena mi vede si tuffa nella macchia e si dilegua. Nel cielo, intanto, decine di cornacchie "fan mille giri" e mi pare di scorgere, molto in alto, anche un rapace. E'  strana la sensazione che dà questo mondo naturale senza uomini, quasi selvaggio e primitivo, che sembra costituire l'anima nascosta della Sardegna; ancora una volta, comunque, ho l’impressione di essere io quello “strano”, fuori posto.

Qualche bivio senza indicazioni chiare mi mette in difficoltà, ma poi seguo la strada che corre sempre parallela alla superstrada e qui incrocio i primi ed unici segni di vita umana: un furgoncino scoperto (probabilmente di un pastore, come deduco dalla presenza a bordo anche di un grosso cane) e un gruppetto di ciclisti lanciati a tutta velocità in direzione contraria alla mia: finalmente! -mi dico- era un peccato che nessun altro utilizzasse questo tracciato a misura di ciclista nel “mondo perduto”.

Infine, contemporaneamente al ritorno del sereno e del caldo, arrivo al bivio di Ponte Marreri: da Siniscola ho pedalato una quarantina di kilometri fatti di curve, saliscendi, acqua e solitudine; nonostante la stanchezza, il vento e la pioggia, direi che si è trattato del percorso fantastico; ma ora mi aspettano una decina di kilometri duri, tanto più se effettuati a fine tappa: da quota 145 devo raggiungere la parte più alta di Nuoro, presso il cimitero, a 555 m.  Dopo qualche centinaio di metri la salita si inerpica subito con qualche breve rettilineo e molti tornanti assolati e incorniciati da splendide ginestre fiorite, con una pendenza che sicuramente non è proibitiva: penso che in alcuni tratti raggiunga il 7%, ma che comprensibilmente mi sembra assai più dura; e sì che sono stato attento a ridurre al minimo il mio equipaggiamento, poi mi viene in mente che tra i bagagli porto anche dei libri, una grossa colomba pasquale e delle cibarie toscane destinate a lenire la nostalgia di casa da parte di Arianna; in compenso, al solito, ho dimenticato a casa la borraccia. Dopo 7-8 km la strada sembra impianare  in una zona più ombreggiata e fresca e mi immagino di essere quasi arrivato, ma l'illusione dura poco e la strada riprende a salire. Però poi, da uno spiazzo panoramico, dove sosto con la scusa di una foto, mi consolo scorgendo in lontananza, molto sotto di me, il nastro argentato della superstrada che sale assai più dolcemente verso Nuoro: mi sembra quasi incredibile aver superato in meno di un'ora un dislivello così rilevante.

Finalmente raggiungo la "Solitudine" alla periferia della città, quindi la zona del cimitero e infine casa di Arianna. Sono quasi le 16, il tempo ritorna brutto e tornano a cadere le prime gocce, ma a questo punto non mi importa più: può anche venir giù il mondo, ma io sono arrivato (anche se in notevole ritardo rispetto al previsto) e di dare anche solo un altro colpo di pedale non se ne parla nemmeno. Suono il campanello, prendo in braccio la bici come una sposa il giorno delle nozze e varco la soglia...

Percorsi 121 km in 5 ore e 59 minuti di pedalata (più un altro un paio di ore per soste varie) alla media di 20,2 km/h.

 

immagini (foto e video) dell'inizio del viaggio e delle parti successive:
Vai a vedere l'album fotografico    Vai a vedere il video sulle foto

 

Come molti viaggiatori

ho visto più di quanto ricordi

e ricordo più di quanto ho visto.
Benjamin Disraeli.