Salviamo i ciclisti

Il Ciclosofista aderisce alla campagna "Salviamo i ciclisti" per una città (almeno quella) a misura di ciclista; la campagna è partita dal Regno Unito, lanciata dal Times, ma è subito rimbalzata nel nostro Paese, dove è stata raccolta e diffusa da un alto numero di media - giornali, siti web, blog, social network etc.- raccogliendo in pochi giorni migliaia di adesioni da parte di privati cittadini e associazioni di vario genere.
I dati  parlano chiaro e c'è da sperare che l'opinione pubblica (e i politici) di casa nostra non si trinceri dietro l'indifferenza nei confronti dei sempre più numerosi morti di questa guerra strisciante e non sposi le tesi di comodo di quanti (troppi) addossano acriticamente ai soli ciclisti la responsabilità degli incidenti, in quella manichea e sterile disputa che contrappone automobilisti e ciclisti.

Qui di seguito riportiamo il testo dell'appello, che si rivolge ai principali quotidiani italiani invitandoli a far propri gli otto punti in cui si articola la campagna del Times e che -incredibile!- pare abbia già suscitato positive reazioni bipartisan nel mondo politico.

 

Gentili direttori del Corriere della Sera, Repubblica, La Stampa, Gazzetta dello Sport, Corriere dello Sport, Il Messaggero, Il Resto del Carlino, il Sole 24 Ore, Tuttosport, La Nazione, Il Mattino, Il Gazzettino, La Gazzetta del Mezzogiorno, Il Giornale, Il Secolo XIX, Il Fatto quotidiano, Il Tirreno, Il giornale di Sicilia, Libero, La Sicilia, Avvenire.

La scorsa settimana il Times di Londra ha lanciato una campagna a sostegno delle sicurezza dei ciclisti che sta riscuotendo un notevole successo (oltre 20.000 adesioni in soli 5 giorni).

In Gran Bretagna hanno deciso di correre ai ripari e di chiedere un impegno alla politica per far fronte agli oltre 1.275 ciclisti uccisi sulle strade britanniche negli ultimi 10 anni. In 10 anni in Italia sono state 2.556 le vittime su due ruote, più del doppio di quelle del Regno Unito.

Questa è una cifra vergognosa per un paese che più di ogni altro ha storicamente dato allo sviluppo della bicicletta e del ciclismo ed è per questo motivo chiediamo che anche in Italia vengano adottati gli 8 punti del manifesto del Times:

  1. Gli autoarticolati che entrano in un centro urbano devono, per legge, essere dotati di sensori, allarmi sonori che segnalino la svolta, specchi supplementari e barre di sicurezza che evitino ai ciclisti di finire sotto le ruote.
  2. I 500 incroci più pericolosi del paese devono essere individuati, ripensati e dotati di semafori preferenziali per i ciclisti e di specchi che permettano ai camionisti di vedere eventuali ciclisti presenti sul lato.
  3. Dovrà essere condotta un’indagine nazionale per determinare quante persone vanno in bicicletta in Italia e quanti ciclisti vengono uccisi o feriti.
  4. Il 2% del budget dell’ANAS dovrà essere destinato alla creazione di piste ciclabili di nuova generazione.
  5. La formazione di ciclisti e autisti deve essere migliorata e la sicurezza dei ciclisti deve diventare una parte fondamentale dei test di guida.
  6. 30 km/h deve essere il limite di velocità massima nelle aree residenziali sprovviste di piste ciclabili.
  7. I privati devono essere invitati a sponsorizzare la creazione di piste ciclabili e superstrade ciclabili prendendo ad esempio lo schema di noleggio bici londinese sponsorizzato dalla Barclays
  8. Ogni città deve nominare un commissario alla ciclabilità per promuovere le riforme.

Cari direttori, il manifesto del Times è stato dettato dal buon senso e da una forte dose di senso civico. È proprio perché queste tematiche non hanno colore politico che chiediamo un contributo da tutti voi affinché anche in Italia il senso civico e il buon senso prendano finalmente il sopravvento.

Vi chiediamo di essere promotori di quel cambiamento di cui il paese ha bisogno e di aiutarci a salvare molte vite umane.

Chiunque volesse contribuire al buon esito di questa campagna può condividere questa lettera collegandosi alle pagine (per comodità i link seguenti rimandano ai rispettivi gruppi attivi nella capitale) di Facebook o Twitter, oppure attraverso altri social (ad es. Google Plus), o ancora il proprio blog o sito, e, ovviamente, rivolgendosi via mail ai principali quotidiani italiani.

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