Il Viaggiatore e il Turista

di Romano Trabucchi

Il turismo moderno rende sempre più banali le destinazioni. Per recuperare il fascino del viaggio come incontro con ciò che è diverso bisognerebbe recuperare la dimensione dimenticata della lentezza.

Per secoli Ulisse, infaticabile eroe della ricerca, è stato un mito "vivo". Inquieto, curioso, spinto dal suo bisogno di ignoto, ha rappresentato il viaggiatore per antonomasia. Per lui, come per i suoi mille epigoni letterari e non, il viaggio era ricerca della diversità e insieme accettazione del rischio. Questa sete di stupore, meraviglia, di conoscenza, a differenza di altre caratteristiche del mondo classico, non venne combattuta nemmeno dalla Chiesa, Agostino di Ippona disse che il mondo era un libro e chi resta a casa ne leggeva solo una pagina. Oggi a casa non resta più nessuno. Chi può, si sposta. L’organizzazione mondiale del turismo stima in mezzo miliardo le persone che ogni anno visitano un paese lontano o straniero. Ma non è Ulisse il loro eroe. Nei viaggi di oggi l’alea è respinta (e questo può essere positivo) e l’incontro è marginale. L’accelerazione dei trasporti e delle comunicazioni ha prodotto una vera e propria compressione spazio temporale, in cui il tempo viene organizzato in modo da ridurre i vincoli dello spazio e viceversa. Si perdono la lentezza e il silenzio del navigare, la tenacia e la pazienza del cammino, l’agio di contemplare e meravigliarsi.

La velocità non avvicina ma omologa. Con la velocità vengono meno le differenze, la “biodiversità culturale” del mondo. Chi si muove non viaggia, si sposta.

Vi è del paradossale in questo. La molla di molti turisti è la ricerca del diverso, dell’esotico, la voglia di superare l’uniformità e la monotonia della vita quotidiana. Ma non appena è interessata da flussi di turisti che hanno pochi giorni a disposizione per vedere tutto, la località cessa di essere “altro”. Come re Mida, il turismo organizzato trasforma in banale tutto ciò che tocca. Per il fatto stesso di essere oggetto di un flusso turistico, un paese, una regione mutano il loro ambiente naturale e umano. Dapprima aprono gli alberghi, poi i Fast Food, poi i venditori di magliette e souvenir tutti uguali: ecco che la località è diventata una “destinazione” perfettamente uguale e perfettamente prevedibile. Gli incontri con le popolazioni locali sono inesistenti o fittizie o peggio.

Da poco si riflette, ben giustamente, sull’eticità del turismo, sui danni che il turismo provoca nell’ecologia naturale e in quella umana dei paesi ospitanti (basti pensare al caso limite dei sex tour). Ma il turismo organizzato danneggia anche chi lo produce, vale a dire il turista stesso, che vede azzerato il fascino principale del turismo, cioè l’incontro. Più che avvicinare i popoli, il turismo di oggi li allontana, acuisce i pregiudizi. Del resto l’antenato dell’inclusive tour era il pellegrino. Il primo che raggiungeva una meta per dire che vi era stato, per confermare e non per scoprire. E dai pellegrinaggi alle crociate il passo fu brevissimo. Ancora ai nostri giorni i preparativi di Roma per questo Giubileo fanno pensare più a un’invasione che a un incontro di popoli.

Come si esce da questo paradosso? Si è tentati di dare la colpa ora ai tour operator ora ai loro clienti, ora alle popolazioni ospiti. In realtà il problema è strutturale. Il turismo moderno nasce col peccato originale delle ferie. La loro brevità impone la velocità e questa impedisce l’incontro e la comprensione.

Parlare di turismo lento è talmente nuovo che la parola “lentezza” (ne fanno fede i motori di ricerca di Internet) non è quasi mai associata a “turismo”. Si parla di turismo responsabile, sostenibile, eco-turismo, ma non si mette in dubbio la dimensione tempo. Eppure, se ho poco tempo, le persone che incontro sono solo degli strumenti, dei mezzi. Se ho molto tempo, invece, possono essere un fine.

Non è un caso che in quel genere letterario spontaneo che sono i “racconti delle vacanze”, i più belli narrino di esperienze profonde e coinvolgenti nate proprio da un intoppo. La rete dei mezzi si interrompe e, nell’imprevisto, si incontra l’altro e quindi ci si incontra. Questo Ulisse lo sapeva benissimo.

Romano Trabucchi (in Appunti di fine millennio)

Il  turista  va  a spendere,
il  viaggiatore  a  guadagnare

(anonimo)

 

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