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Numero unico di cicloturismo e varia dis-umanità Riflessioni semiserie e a ruota libera sulla bicicletta,
sui problemi del traffico e dell' ambiente e socio fondatore, segretario, presidente, redattore capo e unico iscritto: PiCo (plcortesi @ libero.it) |
background music: Ciclisti in città di A. Di Bella e G. Bosisio
Pensandoci su...
In un mondo sempre più invaso
da arroganti e protervi utenti di una tecnologia spesso elevata a
metro di civiltà e a strumentale pretesto per soffocare le altrui
libertà;in un mondo sempre più intasato da SUV usati per
andare in centro, da seconde-terze-quarte auto parcheggiate in modo da
costituire una invalicabile e ininterrotta barriera tra strada e
marciapiede, da scooter lasciati sui percorsi per disabili, di
fronte ai portoni, o sui passi carrabili, da motorini regalati ai figli
perché "tutti ce l'hanno" e i 150 m. tra casa e scuola
"mica si possono fare a piedi..."; Ma è forse nello sviluppo di una
rete di ciclopiste extraurbane
che si registra un ancor più incoraggiante segnale di cambiamento di
mentalità con riflessi positivi sull'ambiente, la salute, il tempo libero
e perfino l'economia (come mostra il numero crescente di pagine su siti
web e riviste dedicate al turismo su due ruote:
bici predisposte e
accessori, abbigliamento specifico, Bike-Hotel, agriturismi o
B&B, itinerari ciclistici, trasporti bici-treno/aereo, agenzie e
servizi appositi...).
in un mondo sempre più inquinato tanto dai gas di scarico di motori
inutilmente accesi quanto dalla presunzione che il proprio valore dipenda
dalla cilindrata o dal numero di valvole del mezzo su cui poggiano i
nostri sacri lombi di automobilisti per diritto divino;
in un mondo in cui il bilancio dei morti per
traffico in Italia è quello di una piccola guerra (7000 circa, due
volte e mezzo i morti dell' 11 Settembre 2001, 35 volte i morti di AIDS di
un anno), per non parlare dei morti per
inquinamento;
insomma, in un mondo così, lasciate che ci sia un po' di spazio
(possibilmente vitale) per chi ha optato per un mezzo a pedali che
mediamente ingombra 0,5 mq e non 8, che pesa 10 kg e non 1500, che brucia
un po' di grasso corporeo o di colesterolo e non combustibili fossili, che
permette di spostarsi da un luogo all'altro osservando i fiori sul ciglio
della strada, i volti delle persone sui marciapiedi o i colori del
tramonto e non solo la targa dell'auto che ti precede in colonna, o la
segnaletica, o la strumentazione sul cruscotto.
Non vi chiediamo di mostrarci gratitudine se, anziché produrre fumi
tossici, provvediamo con i nostri polmoni a filtrare un po' di particolato, PM 10, CO, CO2,
NO, SO2, BTX (benzene, toluene e xileni) e compagnia bella da
voi generosamente elargito.
E nemmeno vi chiediamo, in nome della sostenibilità ambientale, di rinunciare all'auto per passare alla bici, in
omaggio alle affascinanti utopie (utopie?) di Ivan
Illich, Serge Latouche o Marc Augé, anche se “L'idea di
una città in cui prevale la bicicletta non è pura fantasia”.
Ma almeno lasciateci esistere, magari aspettando che ci sia lo spazio
sufficiente per sorpassarci, o tollerandoci se procediamo talvolta
affiancati per qualche stradina di campagna o perfino se ci permettiamo di
commentare il vostro folle mondo, magari con quel pizzico di ironia che non risparmiamo neanche
a noi stessi...
Infine, una considerazione e qualche
domanda: se un' auto aspetta pazientemente dietro un ciclista il
momento buono per passare, si può star sicuri che è guidata da
stranieri, mentre se strombazza petulantemente, non c'è bisogno di
controllare la targa per scoprire che si tratta di italiani; d'altra parte
basta confrontare come i problemi del traffico (e del conseguente degrado
ambientale) siano affrontati e risolti all'estero
e come in Italia. Ma davvero siamo, in maniera così irrimediabile
(e umiliante), tanto lontani antropologicamente da danesi, austriaci o
olandesi? Perché anche tra gli amanti della bicicletta si sta sviluppando una forma di
ciclismo ipercompetitivo e ipertecnologico (avete mai fatto caso a come
certi bancari in libera uscita, pasciuti e quarantenni, ma rigorosamente
depilati, con tanto di divisa "firmata" e sponsorizzata,
dall'alto di bici da 7 kg e 7.000 € forniti di cardiofrequenzimetri,
contapedalate e computer da 12 funzioni, sorpassino schifati il
"normale" cicloturista che occupa la "loro pista"?),
invadente e trasgressivo (pronti a correre sui marciapiedi o contromano, a
passare col rosso, fare slalom tra le file ai semafori, a prendersela con
automobilisti, ciclisti o pedoni lenti a cedere loro il passo)?
Insomma, come scrive Paolo Rumiz in un recente articolo su Repubblica,
davvero l'Italia non è un paese per ciclisti!
Ma un altro mondo, da noi, non è
proprio possibile?
Eppure, sulla scia di quanto si vede nel Nord Europa (come
si fa a non invidiare la "normalità" del ciclismo urbano di Copenhaghen? o la
progettazione nientemeno che di Superstrade Ciclabili nel cuore di Londra?), anche da noi realtà locali, seppure ancora isolate, come Ferrara, Modena, Reggio Emilia
o la realizzazione di ciclopiste urbane o di
percorsi protetti per bambini che si recano a scuola in bici o a
piedi (i recenti Bici-Pedi-Bus del reggiano)
lasciano sperare che qualcosa
finalmente abbia preso a
muoversi nella direzione giusta...
Si sta infatti pian piano affermando
una nuova coscienza ecologica, a cui contribuiscono in varia misura anche
il risorgere dello spirito d'avventura, il gusto di sfidare i propri
limiti psico-fisici, il piacere di scoprire ed assaporare dal sellino di
una bici particolari inafferrabili dall'interno di un'auto a 100 km/h e
-non
ultimo- la possibilità di risparmiare, facendo del bene al proprio
portafoglio, oltre che al proprio corpo e all'ambiente; ciò sta spingendo
un numero sempre maggiore di cittadini a sostituire i pistoni a
idrocarburi dei motori con quelli a carboidrati delle proprie gambe al momento di recarsi al lavoro, andare a far spese in
centro, uscire per una girata nel verde con la famiglia o magari
affrontare un viaggio lungo e impegnativo. Ne è una prova il
crescente sviluppo del turismo su bicicletta che vede ogni
anno nuovi automobilisti pentiti rinunciare al mezzo a motore e riappropriarsi "ciclisticamente"
delle strade per tragitti anche a lunga percorrenza, da soli o in
compagnia, per viaggi picarescamente improvvisati o puntigliosamente
pianificati.
Parallelamente, per fortuna, la
presa di coscienza dei costi della (in)civiltà delle macchine, anche in termini di degrado
ambientale e invivibilità delle città, ha favorito la diffusione a
macchia di leopardo di organizzazioni di ciclisti consapevoli dei propri
diritti -oltre che doveri- ben decisi a farsi vedere e far valere le
proprie ragioni.
Da queste motivazioni, da questa spicciola filosofia a pedali, nasce la scelta di intitolare "IL CICLOSOFISTA" questa pagina WEB, dedicandola a quanti ne condividono l'ispirazione, come ad esempio il mitico Alberto che ne incarna il prototipo e che più d'ogni altro merita il titolo di "sofista" (prima ancora di filosofo) della bicicletta.
Ma poi siamo proprio sicuri che in un'epoca così (apparentemente) tecnologica un mezzo a trazione muscolare così (apparentemente) antico come la bicicletta sia desueto e fuori posto? E sono davvero poche e irrilevanti le persone che nella loro vita ci hanno lasciato qualche traccia del loro rapporto - fuggevole o profondo che fosse - con le due ruote? Ecco quello che un po' di curiosità ed il supporto di Google hanno fatto emergere a proposito di personaggi del mondo della storia, della politica, della cultura e dello sport:
Né poteva
mancare un riferimento a quei testi sia letterari sia musicali che in
qualche modo si sono ispirati alla bicicletta o ai personaggi del
ciclismo:
e, infine, un'occhiata ai siti che
consulto più spesso
per l'indice di
questo sito, invece, clicca sulla catena qui sotto:
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Quando vedrete
passare un ciclista trasognato, non fidatevi del suo aspetto
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